Un viaggio tra radici e identità: scopri “Listen to the Voices”
Introduzione al film e al regista
Nella galassia dei festival cinematografici internazionali, poche opere riescono a emergere con una tale forza di autenticità e profondità come “Listen to the Voices” (“Kouté vwa”), un debutto emozionante del cineasta Maxime Jean-Baptiste. Questo film sta attirando l’attenzione alla vigilia della sua prima mondiale al Locarno Film Festival, all’interno della sezione ‘Filmmakers of the Present’. E c’è da dire che le aspettative sono altissime.
Un’estate tra Parigi e Cayenne
La trama segue il percorso del giovane Melrick, un tredicenne che lascia il subborgo di Stains a Saint-Denis, Parigi, per passare l’estate a Cayenne, la capitale della Guyana Francese, insieme alla nonna. Questo viaggio non è solo una pausa estiva, ma assume un significato più profondo: una riscoperta delle sue radici culturali. Vuole imparare a suonare il tamburo e unirsi al gruppo musicale locale, Mayouri Tchô Neg, in un viaggio di crescita e scoperta personale.
Il legame tra passato e presente
Il film esplora il legame indissolubile che Melrick instaura con la sua identità di membro della diaspora guyanese in Francia. È un processo che lo rende sempre più consapevole di sé e della sua eredità culturale. Ma c’è un altro elemento che aggiunge tensione alla storia: la famiglia di Melrick è ancora segnata dalla morte dello zio Lucas, un musicista carismatico assassinato undici anni prima.
Temi di violenza e perdono
Durante il suo soggiorno, Melrick si trova a confrontarsi con tematiche etiche più grandi di lui. Da un lato, c’è Yannick, il migliore amico di Lucas, che ancora rimpiange di non aver vendicato la sua morte; dall’altro, c’è la nonna che insegna a Melrick il valore del perdono. Questo dualismo rappresenta un nodo centrale del film, portando lo spettatore a interrogarsi su cosa significhi veramente giustizia e riconciliazione.
Raccontare la storia personale
Jean-Baptiste non è solo il regista; è anche uno dei creatori della storia insieme alla sorella Audrey, anch’essa regista. La pellicola si basa su vicende familiari reali, e proprio questa profondità autobiografica arricchisce la narrazione. Il regista ha dichiarato: “Nel marzo del 2012, avevo 19 anni. Sentii dalla Francia della morte brutale di mio cugino a Cayenne, pugnalato diverse volte durante una festa dopo una lite tra ragazzi. Lucas morì per le ferite sul posto”.
Attori non-professionisti e autenticità
Gli attori non sono altro che i membri stessi della famiglia di Jean-Baptiste: la nonna Nicole Diomar, il cugino Melrick Diomar e Yannick Cebret interpretano versioni fictionalizzate di sé stessi. Questo conferisce al film una sensazione quasi documentaristica, una riflessione sulla persistenza della violenza in un territorio segnato dalla storia della schiavitù transatlantica.
Approfondimenti cinematografici e riferimento artistico
Il film tenta di raccontare una storia che, pur essendo profondamente personale, risuona con temi universali di identità e memoria storica. Jean-Baptiste ha citato Aimé Césaire, dicendo: “Il film è un tuffo nel cuore delle storie che tormentano le società europee ‘di ritorno’, per citare Césaire. Una storia che ci torna indietro, con tutta la sua violenza, da quel famoso Nuovo Mondo di cui una volta sognavamo”.
La visione di MoreThan Films
I fondatori di MoreThan Films hanno dichiarato: ”Siamo rimasti affascinati dalla visione di Maxime e dalla sua capacità di creare un dispositivo di finzione per ritrarre la realtà della sua famiglia. La performance di Melrick è stata coinvolgente, con la sua naturale presenza davanti alla telecamera e la sua volontà di essere sia filmato che visto. Il film affronta i temi della violenza e del lutto con intimità e intelligenza profonde, esplorando anche le complessità e i traumi del post-colonialismo nella Guyana Francese”.
Tra documentario e fiction
“Listen to the Voices” continua il percorso di indagine che Jean-Baptiste aveva già iniziato con i suoi cortometraggi documentari come “Listen to the Beat of Our Images” (2021) e “Moune Ô” (2022). Entrambe le opere esplorano altrettanto tematiche locali e post-coloniali, dando voce a narrazioni spesso trascurate.
Produzione e distribuzione
Prodotto dal belga Twenty Nine Studio & Production e dalla francese Spectres Production, “Listen to the Voices” è un esempio di cinema che abbraccia sia il cuore che la mente, un testamento della potenza della narrazione visiva contemporanea. MoreThan Films, fondata nel 2020, ha iniziato rappresentando cortometraggi, documentari e, dal 2023, anche lungometraggi di rilevanza come “The Tundra Within Me” di Sara Magrethe Oskal e “Mountains” di Monica Sorelle.
Conclusione
“Listen to the Voices” rappresenta un viaggio profondo e toccante attraverso storie di perdita, crescita e riconciliazione. Una narrazione che invita ogni spettatore a riflettere su temi di identità e appartenenza. Un film da non perdere per chi cerca autenticità e profonde emozioni nel cinema contemporaneo.