Un viaggio nel cuore del Brasile: “Apocalypse in the Tropics”
Indagine sulla politica brasiliana contemporanea
Quattro anni dopo il successo di “The Edge of Democracy”, la regista Petra Costa torna a esplorare lo stato della politica brasiliana con il suo nuovo documentario, “Apocalypse in the Tropics”. Presentato in anteprima mondiale fuori concorso al Festival di Venezia, questo film rappresenta una riflessione profonda su come le democrazie possano trasformarsi in teocrazie, analizzando in particolare il ruolo crescente del movimento evangelico nel tumulto politico recente del Brasile.
Da Bolsonaro alla religiosità e oltre
Originariamente concepito come un’analisi della gestione disastrosa della pandemia COVID-19 da parte dell’ex presidente Jair Bolsonaro, il documentario si è evoluto in qualcosa di più complesso. Esamina come i confini tra politica e religione si siano sfumati in Brasile. Negli anni ’80, solo il 5% della popolazione brasiliana apparteneva alla corrente evangelica; oggi, questa percentuale supera il 30%.
Una continuità investigativa
Petra Costa ci racconta: “Il film è una continuazione dell’indagine iniziata con ‘The Edge of Democracy’”. Due delle scene fondamentali del film sono state catturate durante le riprese del suo precedente documentario. L’apertura mostra un gruppo di evangelisti che benedice il Congresso e parla in lingue durante il voto di impeachment di Dilma Rousseff nel 2016.
La legge del numero
Pochi giorni dopo, Costa si è imbattuta in un raduno di massa denominato “Atto Profetico”, che ha riunito i pastori più influenti del Brasile. Uno degli organizzatori era Silas Malafaia, il tele-evangelista più famoso del paese. Durante l’evento, Costa ha ascoltato i pastori dichiarare che Dio avrebbe preso il controllo delle tre branche del potere: esecutivo, legislativo e giudiziario, purificando la nazione dalla “feccia”. Questo episodio ha fatto capire alla regista che l’infiltrazione religiosa nella politica non era marginale, bensì una delle forze politiche più potenti del paese.
Seguire le tracce di Malafaia
In “Apocalypse in the Tropics”, Costa segue da vicino Silas Malafaia per quattro anni, documentando come la sua influenza nel governo federale aumenti. Il documentario fornisce un accesso senza precedenti a questo personaggio controverso, mostrandolo mentre discute apertamente di come il suo consiglio influenzi le decisioni di Bolsonaro, vivendo uno stile di vita lussuoso che include anche un aereo privato chiamato “Dono di Dio”.
Evoluzione delle alleanze politiche
Costa rivela: “Quando abbiamo iniziato a filmare Malafaia, era uno degli alleati di Bolsonaro, ma con l’aggravarsi della crisi politica, molti alleati di Bolsonaro si sono allontanati e l’importanza di Malafaia è cresciuta enormemente”. Sebbene Malafaia sia una figura di spicco nel documentario, esistono molti altri pastori in Brasile che esercitano un’influenza ancora maggiore sulla politica del paese.
Collaborazione internazionale
Per questo progetto, la regista ha collaborato con la casa di produzione di Brad Pitt, Plan B, nota per film come “Moonlight” e “12 Years a Slave”. “È stato meraviglioso lavorare con Jeremy Kleiner e Dede Gardner”, racconta Costa. “Provengono dal mondo della fiction e hanno realizzato film che ritraggono la politica e la storia americana che ammiro molto. Questo era il loro primo documentario e il punto di vista che hanno portato è stato diverso dagli altri produttori esecutivi, risultando molto fresco e illuminante.”
Riflessioni globali
“Apocalypse in the Tropics” vede la luce dei festival proprio mentre negli Stati Uniti si avvicinano le elezioni presidenziali, anch’esse caratterizzate da una retorica religiosa e conservatrice crescente. Dopo “The Edge of Democracy”, il pubblico americano ha iniziato a tracciare paralleli tra la situazione in Brasile e quella negli Stati Uniti, riconoscendo somiglianze nel tumulto politico.
Uno specchio distorto
Costa osserva che molte persone vedono il Brasile come uno specchio distorto di ciò che sta accadendo non solo negli Stati Uniti, ma in molti paesi nel mondo. “È quasi come una parabola. Guardi un film sulla politica brasiliana e ti spaventi perché tutti stiamo vivendo crisi democratiche simili e crisi della separazione tra chiesa e stato”.
La regola della maggioranza
la regista mette in luce l’infiltrazione di quella che definisce la “regola della maggioranza”. “Le persone credono che, poiché sono la maggioranza — e a volte potrebbero non esserlo nemmeno, ma ci credono — hanno il diritto di governare. Credono che questa sia la democrazia, ma non lo è. La democrazia riguarda anche la protezione dei diritti delle minoranze. Ecco perché abbiamo la Corte Suprema, che è un punto di attacco per tutti questi movimenti dell’estrema destra.”
Salvaguardia emotiva
Per affrontare emotivamente gli anni passati a documentare il crescente movimento dell’estrema destra in Brasile, compresi i manifestanti che chiedono il ritorno della dittatura militare, Costa si affida alla sua “spiritualità”. “Sono una persona spirituale. Non sono stata cresciuta in modo religioso, ma la spiritualità rappresenta una grande parte del mio senso di sé e del significato della vita. La ricerca teologica che mi ha guidato nella realizzazione di questo film è stata molto arricchente, spiritualmente, poeticamente e intellettualmente. Non avrei potuto fare un film solo sulla cruda realtà del presente distopico che abbiamo vissuto. Era troppo doloroso.”
In un mondo in cui i confini tra il sacro e il profano diventano sempre più labili, “Apocalypse in the Tropics” offre una lente attraverso cui possiamo esaminare la nostra stessa società.