Un thriller estetico: esplorando “Skincare”
I retroscena di “Skincare”: istinti primordiali e bellezza
Nel mondo del cinema, è raro che un adattamento tratto da vicende di cronaca nera non riesca a sfruttare appieno gli aspetti più bizzarri della realtà che rappresenta. Eppure, è proprio ciò che accade con “Skincare”, diretto da Austin Peters. Il film si ispira a una vera storia di crimine che coinvolge una celebre estetista accusata di aver ingaggiato un killer per eliminare la concorrenza, ma sceglie di esplorare solo superficialmente la rabbia femminile, la gelosia e la paranoia celate sotto il patinato mondo delle imprenditrici degli anni 2010.
Un viaggio tra tensione e glamour
“Skincare” inizia con un dettaglio significativo: un primo piano sul volto stanco e truccato di Hope Goldman (Elizabeth Banks), una delle migliori estetiste della città, che gestisce i visi delle celebrità più in voga e delle donne più ricche. La sua attività sta per fare un salto di qualità, ma la tensione è palpabile: il canone dello studio è arretrato e il lancio della sua linea di prodotti per la pelle è imminente e dipendente dalla stampa. Hope è ansiosa di tenere tutto sotto controllo.
Un nuovo avversario e misteriosi sabotaggi
Quando un nuovo esteta, Angel (Luis Gerardo Méndez), apre uno studio nelle vicinanze, la vita di Hope subisce un drastico cambiamento. I primi incontri tra i due sono tutto fuorché amichevoli. Poco dopo, Hope si ritrova con le gomme dell’auto tagliate e la posta elettronica hackerata. La situazione peggiora con minacce via messaggio e molestie. Disperata, Hope decide di chiedere aiuto a Jordan (Lewis Pullman), un giovane dal fisico scolpito che è apparso di recente nella sua vita.
Tensioni tra estetismi e atmosfere inquietanti
Peters, insieme agli sceneggiatori Sam Freilich e Deering Regan, non critica solo il settore della bellezza, ma anche lo stile di vita lucido e patinato che nasconde oscure verità. La regia di Peters è sicura, arricchita da dettagli dei personaggi e un’atmosfera inquietante che richiama i maestri come Kubrick e De Palma. Le sensibilità contrastanti di Hope e Angel si riflettono nei colori dei loro studi, uno in azzurro sereno e bianco guscio d’uovo, l’altro in teal scuro e fucsia.
Fatima Al Qadiri compone una colonna sonora che spazia da armonici suoni di arpa a ritmi industriali, integrandosi perfettamente con le scelte musicali del film.
Limiti e potenzialità inespresse
Tra i difetti del film, spicca la scrittura superficiale del personaggio dell’assistente di Hope, Marine (Michaela Jaé Rodriguez). Il suo ruolo è poco più che funzionale, senza un arco narrativo proprio. Inoltre, la rivelazione dell’identità del sabotatore è gestita in modo confuso, con una scoperta frammentata che toglie impatto al climax.
Elizabeth Banks offre una prestazione solida, ma priva di particolari novità rispetto ai suoi ruoli precedenti. Il potenziale per un’esplorazione più profonda della tossicità allucinatoria di Hope rimane inespresso. Pullman e Méndez, invece, si distinguono rispettivamente per la loro rappresentazione di un arrogante incapace e di un personaggio con una sottilissima sofisticatezza.
Mancanze narrative e riflessioni
Sorprende che i realizzatori abbiano scelto di omettere dettagli reali che avrebbero arricchito l’intreccio. La reale ispiratrice di Hope, Dawn DaLuise, era un personaggio complesso e profondamente difettoso, con una storia di associazioni con criminali, un aspetto che avrebbe dato profondità al film. Anche il fatto che gli investigatori non abbiano creduto alla sua versione è un elemento di grande rilevanza che è stato trascurato.
In “Skincare”, il tentativo di amalgamare due figure antagonistici porta a una confusione nelle motivazioni del persecutore: è pura avidità o semplice vendetta? Forse nulla di tutto questo ha davvero importanza, una riflessione cinica ma verosimile del mondo dello spettacolo.
Esplora di più
- Guarda il trailer di Skincare per un’anteprima visiva.
- Ascolta la colonna sonora su Spotify per immergerti nell’atmosfera musicale del film.
Grazie alla sua combinazione di bellezza patinata e oscurità sottostante, “Skincare” si posiziona come un interessante viaggio attraverso le luci e ombre del mondo della cura estetica.