Serpent’s Path: Una strada sinuosa che merita attenzione
Un remake professionale degno di nota
Nel 1934, Alfred Hitchcock presentò al mondo il suo thriller “The Man Who Knew Too Much”. Anni dopo, nel 1956, decise di rifarlo con un approccio maturo, dichiarando che la prima versione era l’opera di un talentuoso dilettante, mentre la seconda era quella di un professionista. Raramente un regista ha la possibilità di rifare il proprio lavoro con successo, e Kiyoshi Kurosawa ha scelto di seguire le orme del maestro Hitchcock con il suo remake di “Serpent’s Path” del 1998.
L’evoluzione di un thriller
Kurosawa ha deciso di riportare alla vita il suo thriller originale, reinterpretandolo con la sua firma unica, rendendolo “Serpent’s Path” un film che non stanca mai. Cosa spinge un regista a rifare il proprio lavoro? Per Kurosawa, sembra essere il piacere di sfidare se stesso. La versione originale era un racconto freddo e vendicativo, e questa nuova versione rimane fedele al tono, sebbene rivitalizzato da elementi nuovi come il cambio di genere di un personaggio chiave e l’ambientazione trasferita dalla Giappone alla Francia, dando così un’atmosfera più adatta allo stile di Kurosawa.
Intrighi di trama
L’inizio del film è avvincente e immediato: una rapina che ci introduce ai due protagonisti, Albert, un francese nevrotico, e Sayoko, una psichiatra giapponese composta e decisa. Albert, interpretato da Damien Bonnard, risulta agitato mentre Sayoko, interpretata da Kô Shibasaki, rimane imperturbabile. Questa dinamica si sviluppa quando rapiscono Laval, un contabile che lavora per una sinistra corporazione, Minard. La scena iniziale senza sangue e brutale è solo l’inizio di una storia che privilegia l’azione rispetto alle spiegazioni.
Un’esplorazione psicologica dettagliata
Non passa molto tempo prima che Laval si renda conto di essere in una situazione disperata, incatenato e tenuto prigioniero in un magazzino fatiscente. L’elemento chiave della trama è un video mostrato da Albert, che collega Laval alla misteriosa e oscura morte della giovane figlia di Albert. Questo mette in moto una serie di eventi che coinvolgono altri due dipendenti della Minard, facendo emergere una storia di traffico di bambini e vendetta.
I dettagli che contano
Mentre il film si sviluppa, la tensione psicologica tra i personaggi cresce. Le motivazioni di Sayoko sono particolarmente intriganti e la sua relazione con Albert diventa sempre più nebulosa. Il direttore della fotografia Alexis Kavyrchine enfatizza questa alienazione con inquadrature ampie e distanti, lasciando che le poche scene in primo piano siano cariche di significato.
Uno degli aspetti più affascinanti è la performance di Shibasaki, che riesce a mantenere un equilibrio tra il razionale e l’ambiguo, un elemento chiave che sostiene il gioco di supposizioni continuo del film.
La maestria di Kurosawa
Il vero piacere di “Serpent’s Path” sta nei dettagli unici e nelle scene anomale che sollecitano l’interesse degli spettatori. La calma crescente del conteggio dei corpi, la ripetizione assurda della scena del video di Albert e l’ossessiva presenza di un Roomba nelle scene domestiche rendono questo remake qualcosa di più di un semplice esercizio di stile per Kurosawa. È un promemoria del perché sia considerato uno dei maestri del cinema contemporaneo.
Potete scoprire maggiori dettagli sul film “Serpent’s Path” al seguente link sul trailer.
Conclusione
Kiyoshi Kurosawa dimostra una volta di più che rimanendo fedele al suo stile unico, riesce a rivitalizzare un’opera precedente, rendendo “Serpent’s Path” un film che merita di essere visto e apprezzato.
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