Ben Mears ritorna a ‘Salem’s Lot: una rivisitazione che mescola horror e nostalgia
Un ritorno al passato
È l’autunno del 1975 quando lo scrittore Ben Mears, interpretato da Lewis Pullman, torna nella sua città natale nel Maine. Il suo obiettivo è trarre ispirazione per una nuova opera, dopo che i suoi precedenti libri sono stati stroncati dalla critica e i suoi editori stanno perdendo la pazienza. Sperando che il tranquillo borgo rurale offra qualche spunto creativo, Ben si stabilisce nella casa in cui è cresciuto.
Nuove connessioni e inquietanti sparizioni
Passando gran parte delle sue giornate nella biblioteca locale, Ben attira l’attenzione degli abitanti del luogo con le sue ricerche nei vecchi archivi. Qui incontra Susan Norton (Makenzie Leigh), una giovane agente immobiliare. La loro amicizia si trasforma presto in una storia d’amore.
Tuttavia, proprio quando Ben sembra integrarsi nella comunità, si verificano strani eventi: un ragazzo (Cade Woodward) scompare e un altro (Nicholas Crovetti) muore misteriosamente. Gli abitanti iniziano a sospettare di Ben, considerandolo un individuo strano arrivato dalla grande città.
Un horror a metà strada tra tradizione e innovazione
Il film Salem’s Lot, diretto da Gary Dauberman, offre una versione moderna della storia, distinguendosi dalle precedenti trasposizioni del celebre romanzo di Stephen King. Dauberman, noto per il suo lavoro nella saga di Annabelle, scommette su scelte stilistiche e interpretative audaci, pur rinunciando a gran parte del dramma sociale e atmosferico che caratterizzava il libro originale.
Atmosfere anni ’70 e paure collettive
Stephen King ha dichiarato che la paranoia e i timori culturali degli anni ’70, aggravati dalle attività della CIA, hanno influenzato i temi del suo romanzo. La capacità del vampiro Barlow di sfruttare le paure di una comunità chiusa è ciò che lo rende un antagonista così convincente.
Purtroppo, la sceneggiatura di Dauberman sorvola su molte di queste sottigliezze, perdendo l’opportunità di esplorare a fondo le dinamiche sociali del piccolo centro abitato. Tuttavia, alcune scelte di casting, come quella di Jordan Preston Carter nel ruolo di Mark, conferiscono nuova linfa alla narrazione.
Mark e Ben: outsider a confronto
Mark è un giovane intraprendente e coraggioso, la cui personalità giovanile, carica di impulso e curiosità, si armonizza con l’approccio riflessivo e accademico di Ben. I due outsider si trovano a condividere un destino comune quando i compagni di Mark scompaiono misteriosamente. La loro collaborazione è il cuore pulsante del film, con Carter e Pullman che offrono interpretazioni toccanti e ben calibrate.
Scelte visive e atmosfera gotica
L’abduction di Ralph viene rappresentata con un uso efficace delle silhouette, uno dei numerosi tocchi stilistici distintivi del film. Il linguaggio visivo è dominato da toni freddi e distaccati, amplificati da un’illuminazione che mescola blu ghiacciati e arancioni glaciali. È questa attenzione ai dettagli visivi che eleva Salem’s Lot, rendendolo un’esperienza visivamente accattivante.
Un horror corale
La squadra di Ben, Susan, il professor Burke (Bill Camp) e la dottoressa Cody (Alfre Woodard) si unisce a Mark per affrontare la minaccia vampirica. Le scene d’azione sono arricchite da momenti thrilling e divertenti, ideali per una visione collettiva. Tuttavia, una riflessione più approfondita rivela alcune falle nella trama, con personaggi a volte poco sviluppati e un senso di urgenza che manca di profondità.
Ritmi serrati, temi sfiorati
Con una durata di poco inferiore alle due ore, il film cerca di condensare troppi elementi, sacrificando parte del fascino narrativo del romanzo di King. Temi cruciali come la paranoia e la xenofobia, che nascono in contesti suburban e rurali americani, sono solo accennati. La necessità di sopravvivere attraverso la coesione della comunità è un leitmotiv che non viene esplorato a fondo.
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