Il museo del cinema: una fusione di arte e scienza
Il Museo dell’Accademia delle Arti Cinematografiche ha recentemente inaugurato due nuove mostre che esplorano come la scienza abbia influenzato la tecnologia, l’estetica e la narrazione nel cinema. Ecco un approfondimento su queste esposizioni e l’impatto culturale che promettono di avere.
L’importanza del colore nel cinema
La prima mostra, intitolata “Color in Motion: Cromatiche esplorazioni del cinema”, delinea il ruolo cruciale dei colori nei film. Curata da Jessica Niebel con il supporto di Sophia Serrano, Manouchka Kelly Labouba e Alexandra James Salichs, questa esposizione si propone di educare il pubblico sulla storia e sull’evoluzione del colore nel cinema.
“Con ogni nuova tecnologia dei colori, ci sono stati nuovi modi di espressione cinematografica,” afferma Niebel. ”Quando il cinema è stato inventato, documentava il movimento… aggiungendo l’arte del colore, queste sono due colonne portanti del nostro mezzo artistico.”
Jessica Niebel ha sottolineato come la conoscenza della storia del colore nel cinema sia spesso trascurata, spingendo il suo team a strutturare una mostra coinvolgente ed educativa. Secondo la curatrice, i colori nei film sono potenti strumenti di narrazione che creano significato e tono all’interno di una storia.
Sfide nella curatela della mostra
Uno degli aspetti più complessi nella progettazione di “Color in Motion” è stato catturare 130 anni di storia del colore nel cinema, dai suoi esordi fino ai giorni nostri.
“Ci è voluto un bel po’ di tempo… abbiamo sperimentato, fallito, provato diverse cose,” ha dichiarato Niebel. Inoltre, la curatrice ha voluto includere il cinema contemporaneo mentre insegnava ai visitatori i momenti salienti della storia del colore nei film, come il ruolo delle donne nella produzione iniziale.
Niebel invita i visitatori a esplorare l’installazione monocromatica della mostra. Questa sezione utilizza una tecnologia di scansione nota come Scan2Screen per ricreare filmati utilizzando clip di film colorati degli anni ’20 provenienti da archivi di Amsterdam, Berlino e altre città.
“Non credo che qualcosa del genere sia mai stato visto in un museo o in un teatro,” ha aggiunto Niebel. “Per la prima volta, abbiamo clip di film autenticamente colorati. Crea un’esperienza immersiva e caleidoscopica.”
Cyberpunk: esplorazioni futuristiche nel cinema
La seconda mostra, “Cyberpunk: Envisioning Possible Futures Through Cinema”, è stata curata da Doris Berger con l’assistenza di Nicholas Barlow e Emily Rauber Rodriguez. Questo segmento esplora l’impatto globale del cyberpunk sulla cultura cinematografica e offre un approfondimento sulle tematiche e i motivi chiave del genere.
“Abbiamo voluto concepire una mostra che collegasse arti e scienze attraverso la narrazione cinematografica,” ha spiegato Berger, aggiungendo che l’esposizione è progettata per insegnare ai visitatori i temi del cyberpunk senza troppo testo, immergendoli direttamente nel genere.
Punti salienti della mostra Cyberpunk
Uno dei pezzi forti della mostra è un’installazione che esplora le visualizzazioni cyberpunk, con una narrazione scritta e diretta da Alex Rivera. Questo elemento traccia le origini del genere nel XX secolo attraverso una selezione di film come “Neptune Frost”, “Alita: Battle Angel” e “Night Raiders”.
Berger ha evidenziato “The Matrix” come un esempio prominente di come le persone interagiscono con ambienti e sistemi digitali, un tema centrale del canone cyberpunk.
“Negli anni ’80 erano le mega-corporazioni e il capitalismo. Se guardi i film futuristi indigeni, è il colonialismo,” ha detto Berger. “Sono tutti legati al modo in cui i personaggi si ribellano contro sistemi di oppressione con mezzi tecnologici.”
Un nuovo sguardo oltre i confini nazionali
Berger ha espresso entusiasmo per l’espansione internazionale del cinema cyberpunk e ha sottolineato come curare questa mostra le abbia aperto nuove prospettive sulla storia dei film di fantascienza in altri paesi.
“Hai un posto nel futuro solo se immagini la tua comunità lì,” ha aggiunto Berger, identificando questa come una chiave per i film futuristi indigeni e afro-futuristi.
La mostra offre anche uno sguardo esclusivo su aspetti iconici dei film, come l’applicazione del trucco a Arnold Schwarzenegger per “The Terminator” e i materiali utilizzati per creare il costume di Tron nel film del 1982 “Tron”.
“Guardare dietro le quinte e rivelare alcune tecniche classiche del cinema è stata una vera gioia,” ha concluso Berger.
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