L’incredibile avventura cinematografica di Luis Ortega
Quando si parla di creare film unici e provocatori, pochi registi possono vantare il livello di ambizione e coraggio di Luis Ortega. Nonostante un’illustre carriera nel cinema argentino, il suo recente progetto, Kill the Jockey, ha incontrato non poche difficoltà nel trovare finanziamenti. Ma nonostante tutto, Ortega è riuscito a vedere la sua visione prendere vita.
Un’idea fuori dagli schemi
Kill the Jockey non è un film che si può facilmente racchiudere in una breve descrizione. La trama segue un fantino, interpretato da Nahuel Pérez Biscayart, che attraversa una trasformazione identitaria radicale in seguito a un incidente durante una gara. Questo cambiamento è accentuato dall’uso di droghe e alcol, creando un mosaico complesso e surreale della psiche del protagonista.
Un viaggio nella mente del protagonista
Ortega ha sottolineato come il progetto non fosse facilmente “pitchabile”. La complessità e l’originalità della narrazione hanno reso difficile convincere i finanziatori ad investire. Tuttavia, la sua determinazione nel mantenere la sua visione creativa ha infine ripagato. Kill the Jockey ha vinto il prestigioso premio Horizons al Festival Internazionale del Cinema di San Sebastián e ha ricevuto una calorosa accoglienza alla Mostra del Cinema di Venezia.
La prospettiva unica di Ortega
Oltre alla trama principale, Ortega incorpora personaggi che sfidano le normali convenzioni narrative. Il protagonista, Remo Manfredini, attraversa diverse identità, inclusa quella di una detenuta femminile di nome Dolores. Questo viaggio non lineare esplora la fluidità delle identità, riflettendo il pensiero di Ortega che “ogni personaggio è una prigione”.
Riflessioni su Jack London
Ortega ha tratto ispirazione dalla meno conosciuta opera di Jack London intitolata The Star Rover. La narrazione del libro ci parla di un professore universitario che, costretto a indossare un dispositivo di compressione come punizione, entra in trance e rivive alcune delle sue vite passate. Questa metafora dell’immortalità e della resistenza umana ha influenzato profondamente la visione di Ortega per il film.
Un titolo trasformato
Inizialmente, Ortega voleva intitolare il film Cabeza de Piña, ispirandosi a un senzatetto visto per le strade di Buenos Aires. Tuttavia, il titolo è stato considerato troppo stravagante e poco commerciale. Dopo molte insistenze da parte dei potenziali finanziatori, Ortega ha accettato di cambiare il titolo, ma ha mantenuto intatta l’essenza del suo progetto.
L’importanza di un titolo, come suggerito da Ortega stesso, è fondamentale. Mentre Cabeza de Piña suona affascinante in spagnolo, il titolo internazionale Kill the Jockey ha permesso al film di raggiungere un pubblico più ampio senza compromettere l’integrità artistica.
La vittoria finale
Nonostante le numerose difficoltà incontrate, Ortega non ha mai rinunciato alla sua visione. La ricezione positiva di Kill the Jockey dimostra che esistono ancora spazi per le narrazioni complesse e non convenzionali nel cinema contemporaneo. La sua abilità nel mescolare elementi di realtà con il surreale, e nel creare personaggi multidimensionali, conferma la sua autorità come uno dei registi più innovativi del panorama internazionale.
Ortega continua a ispirare con la sua dedizione e passione per il cinema. Ogni suo film rappresenta un’esplorazione profonda della condizione umana, spingendo i confini di ciò che il cinema può esprimere. Kill the Jockey è la testimonianza del potere dell’arte di sfidare le norme e di toccare il cuore e la mente degli spettatori.