Il passato: una presenza perenne nel cinema del 2024
Le storie cinematografiche del 2024 mostrano come il passato continui a influenzare profondamente il presente. Questa tendenza è evidente in film come “The Brutalist,” “Gladiator II”, “The Piano Lesson,” “Conclave,” “A Real Pain,” “Exhibiting Forgiveness,” “The Return,” e persino nella commedia “My Old Ass.”
Tra memoria e trauma
La memoria e il trauma sono spesso inseparabili dalla nostra vita attuale. Questo concetto è evidente sia in “A Real Pain” che in “The Brutalist.” Mentre il primo affronta il trauma dell’Olocausto attraverso il filtro della memoria generazionale, in “The Brutalist” il trauma è tanto immediato quanto il volto di Laszlo Toth (Adrien Brody), sfigurato nel tentativo di salvarsi da un treno in fuga e successivamente afflitto da una dipendenza da eroina.
“Portiamo tutti dentro di noi la nostra storia,” afferma Mona Fastvold, co-sceneggiatrice di “The Brutalist.”
Dopo essere emigrato in America, Toth canalizza il suo passato nell’architettura, ossessivamente progettando un centro comunitario che replica le stanze dei campi di concentramento, ma con spazi ariosi che infondono speranza.
Riprendere il controllo del passato
“The Piano Lesson,” adattamento dell’opera di August Wilson, affronta il razzismo istituzionalizzato in America. Il regista Malcolm Washington ha aggiunto una scena iniziale del 1911 per collegare il trauma generazionale alla vita dei personaggi nel 1936. La famiglia Charles deve riallacciare i contatti con il proprio passato per esorcizzare lo spirito che li tormenta.
“Le storie dei nostri antenati vivono dentro di noi e influenzano come viviamo la nostra vita,” dice Washington.
La guerra e il ritorno alla realtà
Nel film “The Return” di Uberto Pasolini, il protagonista Ulisse, interpretato da Ralph Fiennes, è mostrato come un uomo tormentato dal PTSD della guerra di Troia. Ulisse è costretto a confrontarsi con i suoi demoni affinché possa realmente guarire.
“Devi affrontare i tuoi demoni per andare avanti,” afferma Fiennes, evidenziando l’importanza della terapia.
In “Conclave,” Edward Berger esplora meno esplicitamente questi temi, ma il film è comunque guidato dai segreti passati dei personaggi.
Il passato nei sequel e nelle nuove storie
Raramente intercorrono due decenni fra i capitoli di un sequel, ma “Gladiator II” raccoglie questo testimone per mostrare come il passato del padre, Maximus, influenzi il figlio Lucius (Paul Mescal).
“Quando guardi alla tua vita, vedi scelte singolari che hanno effetti di vasta portata,” commenta Connie Nielsen, che riprende il ruolo di Lucilla.
Intimità e risoluzione dei traumi
Titus Kaphar, con “Exhibiting Forgiveness,” esplora come il protagonista Tarrell debba confrontare le conseguenze dell’addizione e della violenza del padre per trovare la pace.
“Dovevo guardare cose che avevo soppresso per molto tempo,” dice Kaphar, riflettendo su esperienze personali che hanno ispirato il film.
Legame tra passato e presente
La commedia “My Old Ass” tratta la difficoltà di sfuggire ai traumi del passato in maniera più leggera, raccontando di una giovane che involontariamente richiama la sua versione di 39 anni nel presente.
“Ultimamente, è la lezione e il viaggio della versione più vecchia che ci insegnano anche noi a riconoscere i pattern instillati nel tempo,” spiega Megan Park.
Nielsen suggerisce che l’interesse crescente per i test del DNA ha reso più curiosi riguardo al proprio passato. Anche la pandemia potrebbe aver giocato un ruolo, inducendo introspezione e riflessioni sulla propria identità e sulle generazioni precedenti.
“Tutti questi film stanno esaminando le nostre connessioni con il passato perché la nostra società non vuole farlo,” afferma Danielle Deadwyler, attrice di “Piano Lesson.”
Uno sguardo verso il futuro
Riconciliarsi con il passato è essenziale sia a livello personale che nazionale. Le opere artistiche possono aiutare a comprendere e guarire le ferite storiche, gettando le basi per un presente più consapevole e un futuro più armonioso.
“Senza una comprensione storica del nostro passato, non sappiamo chi siamo,” conclude Kaphar, sottolineando l’importanza di un riconoscimento collettivo delle nostre storie.