Analisi eso-critica di “About a Hero”: una riflessione AI
Introduzione
La maggioranza dei film desidera che gli spettatori sospendano l’incredulità. Tuttavia, “About a Hero” preferisce che la mantengano viva. Un avviso all’inizio del film consiglia al pubblico di essere cauti nel fidarsi dei suoi elementi visivi e uditivi. Questo disclaimer ironico introduce l’opera audace del filmmaker polacco Piotr Winiewicz, la quale esplora le potenzialità della narrazione abilitata dall’intelligenza artificiale (AI). In una chiassosa discussione su AI e le sue implicazioni, il film osa mettere in dubbio cosa sia reale e cosa no.
Il contributo di Werner Herzog
“About a Hero” trae ispirazione dalla dichiarazione provocatoria di Werner Herzog, secondo cui “un computer non potrà fare un film come il mio per almeno 4.500 anni”. Winiewicz ha addestrato un modello AI interamente sul lavoro del celebre regista, creando un racconto fittizio di una morte inspiegabile in una cittadina tedesca, narrato da una copia di Herzog chiamata Kaspar Hauser. Questo modello, simile ma imperfetto, è emblematico delle creazioni AI, che spesso si avvicinano alla realtà senza però raggiungerla completamente. Le tonalità distintive di Herzog, simulate tramite deepfake, aggiungono un ulteriore strato di dissonanza.
La struttura e le tematiche
Diviso in capitoli che non seguono un ordine logico, il film si centra su Dorem Clery, un dipendente senza pretese di una fabbrica di elettrodomestici nella fittizia città tedesca di Getunkirchenberg, ritrovato morto in circostanze inspiegabili. Clery lavorava a un misterioso progetto denominato “la Macchina”, rappresentazione dello sviluppo dell’AI e possibile causa della sua morte. Al contempo, la storia si distacca spesso dall’indagine per focalizzarsi sulla vedova di Clery, Eleonore, che canalizza il suo dolore in interazioni sempre più bizzarre con gli elettrodomestici, culminando in situazioni che sfiorano il surreale.
Aspetti tecnici e narrativi
Il film è un’esperienza visiva intrigante grazie alla sua regia elegante e alla scenografia accurata. La performance ironica di Vicky Krieps nel ruolo di una giornalista sconcertata dall’indagine su Clery aggiunge un tono asciutto e umoristico. Tuttavia, la forza del film risiede nelle sue scelte metatestuali; ad esempio, errori intenzionali come ripetute grafie sbagliate di parole chiave nei segmenti investigativi. Questo approccio autoironico sollecita gli spettatori a riconoscere le falle nei costrutti narrativi, allargando il messaggio socioculturale del film.
La riflessione sull’AI
Gli intervistati nel film, tra cui il celebre Stephen Fry e il critico culturale Charles Mudede, offrono riflessioni ponderate sull’AI senza arrivare a conclusioni definitive. Molte delle loro osservazioni restano intenzionalmente vaghe, permettendo al film di mantenere una tesi sfocata ma implicita: le tecnologie AI, sebbene possano approssimare l’intelligenza umana, restano in qualche modo limitate e fallaci.
Mudede commenta: “Non mi dispiace sfidare l’idea che gli esseri umani siano la fine di tutto quanto concerne l’intelligenza.” Tuttavia, “About a Hero” non esplora realmente le future potenzialità dell’AI come entità post-umana, poiché le sue tecnologie AI sono calibrate dagli stessi filmmaker per motivi di coerenza, ironia o intrattenimento.
Considerazioni finali
Se si guarda al film come provocazione, essa appare piuttosto cauta, quasi incrementale. “About a Hero” sembra voler rassicurare gli spettatori che la vita e l’arte come le conosciamo persisteranno ancora per un po’, sebbene non necessariamente per 4.500 anni. Questa riflessione attenuata sull’intelligenza artificiale e il suo posto nel panorama culturale contemporaneo lascia spazio a ulteriori discussioni e interazioni, specialmente in contesti festivalieri o nei dibattiti post-proiezione.