Thom Browne: L’uomo che veste i sogni
In un panorama di documentari sulla moda, “Thom Browne: L’uomo che veste i sogni” del regista tedesco Reiner Holzemer emerge come un’opera che osa esplorare l’enigmatico designer con un’estetica inconfondibile. Conosciuto per il suo rifiuto della classica introspezione, Browne diventa il centro di un ritratto stilisticamente affascinante che bilancia abilmente il suo mondo professionale e personale.
Un mondo sartoriale unico
Thom Browne è una figura che preferisce lasciare che siano le sue creazioni a parlare. E che performance offrono queste creazioni! Tra i laboratori e le riprese estensive delle sfilate, questo documentario mette in luce collezioni che fondono costruzione impeccabile con eccentricità e umorismo, creando un effetto seducente. Guarda il trailer di Thom Browne: L’uomo che veste i sogni.
Il potere delle sfilate
Il documentario si apre con una scena di impatto drammatico al Palais Garnier di Parigi, dove oltre 2000 posti sono occupati da sagome di cartone tutte vestite in un abito grigio iconico di Thom Browne. Questa immagine surreale introduce lo spettatore nel mondo fantasmagorico di Browne, un mondo dove la creazione sartoriale diventa un’esperienza onirica aderente a un controllo minuzioso di ogni dettaglio.
Sul palco, i portatori in abiti gender-fluid, combinazione di giacca elegante e gonna a pieghe, depositano una serie di bagagli, preludio all’ingresso di una modella che si accomoda su una valigia, come se aspettasse un treno. Questa mise en scène introduce la sfilata che segue, un racconto suggestivo osservato dalla modella e dagli spettatori privilegiati ai bordi del palco.
Una carriera di successi
La carriera di Browne raggiunge un nuovo apice nel luglio 2023 con il debutto alla Haute Couture Week di Parigi, rendendolo uno dei pochi designer americani a presentarsi accanto a nomi illustri come Dior, Chanel, Schiaparelli e Valentino. Dietro le quinte, Browne non esibisce alcuna traccia di nervosismo, distinguendosi per il suo atteggiamento calmo e ponderato, in netto contrasto con l’immagine tipica dei designer drammatici e sopra le righe.
Un soggetto straordinario e complesso
La pacatezza di Browne, tuttavia, presenta sia un vantaggio che un limite per il film di Holzemer. Il documentario, infatti, rischia di apparire eccessivamente controllato, quasi una video promozione deluxe, mancando di conflitti, drammi e dettagli personali che non si possano trovare su un profilo Wikipedia. Manca una voce critica esterna che fornisca un’analisi più approfondita.
Nonostante l’accenno alle difficoltà finanziarie del 2009 e il commento del compagno Andrew Bolton sul processo con Adidas, non emergono altri dettagli personali. Anche quando MJ Rodriguez sfila in una versione incompleta di un outfit, la “drammaticità” del momento si dissolve rapidamente in una risata nel backstage.
L’opera di Browne: una narrazione visiva
Quello che il documentario manca in termini di dramma o analisi, lo compensa con un’esposizione visiva spettacolare dei 20 anni di carriera di Browne. Dalle sfilate ispirate a “Alice nel Paese delle Meraviglie” o “Il Piccolo Principe”, emerge una bilancia tra infanzia e maturità, innocenza e esperienza. Una vena di melanconia attraversa diverse sue opere, come la presentazione a tema funerario o la scenografia del typing pool, che seppure reggimentata, rimane giocosa.
Innovazione e continuità
Browne ha una visione unica, costruita su principi di uniformità che trasforma in qualcosa di eccentrico e desiderabile. Questo approccio si riflette nelle silhouette ingombranti con numeri da squadra di football sul retro o nei completi gonna in tweed con ricami di aragoste. La visione di Browne abbatte i confini di genere, facendo apparire potenti e maschili gli uomini in gonna, come è accaduto nel 2018.
L’acquisizione della maggioranza dell’azienda da parte del gruppo Ermenegildo Zegna per 500 milioni di dollari nel 2018 segna un punto di svolta, ma Browne continua a mantenere una visione centrata, costruendo sulle tradizioni americane e sovvertendole con tocco magistrale.
La celebrazione della moda e dell’individualità
Nonostante i limiti del documentario in termini di approfondimento, la retrospettiva visiva delle creazioni di Browne rimane affascinante. Ogni modella e ogni show narrano una storia unica che celebra una uniforme interpretata in modo prolifico. È proprio questa capacità di creare spazio per l’espressione individuale nel contesto dell’uniformità a rendere i capi di Browne così desiderabili e il documentario, nonostante le sue frustrazioni, così piacevole da guardare.