Mehran Modiri: un thriller iraniano che divide
Una mano esperta del thriller
Nel suo secondo film per il grande schermo, Mehran Modiri, uno dei satirici televisivi più amati d’Iran, si cimenta nel genere thriller con risultati contrastanti. Scrive, dirige e recita nel film intitolato “6 A.M.”, un intenso ma sempre più forzato dramma sociale in cui un piccolo incidente si trasforma in una grande tragedia. Sebbene il lungometraggio indie appaia e si comporti per lo più come un dramma televisivo mediocre, offre comunque un quadro sorprendentemente critico del Paese, mostrando come lo Stato possa interferire improvvisamente e completamente nella vita dei cittadini comuni.
La partenza di Sara: l’inizio di una notte interminabile
La storia ruota attorno a Sara, una studentessa di filosofia interpretata da Samira Hassanpour, che si sta preparando nervosamente per prendere un volo delle 6 del mattino per Toronto, dove vivrà per i prossimi tre anni mentre proseguirà il suo dottorato. Mentre cena, in quello che ironicamente chiama “L’Ultima Cena”, con i suoi genitori professori universitari e il fratello Siavash (Mehrdad Sedighian), viene interrotta da una telefonata della sua amica Fariba (Mona Farjad), che insiste affinché Sara si fermi per una festa di addio organizzata dai suoi coetanei.
Decisioni sbagliate e conseguenze inimmaginabili
Sara, cedendo alle insistenze di Fariba, prende quella che sarà la prima di numerose decisioni sbagliate che la perseguiteranno per tutta la serata. La festa, ospitata da Fariba e Peyman (Mansour Nasiri) in un appartamento spazioso in stile occidentale, risulta più grande del previsto. Gli amici, maschi e femmine, mangiano pizza e bevono alcolici illegali mentre discutono di problemi sociali come gli affitti elevati.
Anche se Sara dovrebbe andare in aeroporto, Fariba ha programmato diverse esibizioni musicali e non vuole lasciarla andare via prima che abbiano luogo.
Una visita inaspettata: l’arrivo della polizia
Al trentacinquesimo minuto del film, il campanello suona. Ma invece di altre facce amiche venute a salutare Sara, si tratta della polizia, intervenuta su segnalazione di un disturbo. A questo punto, per Sara è già una corsa contro il tempo per prendere il volo. Con la possibilità che gli agenti costringano i presenti a recarsi in centrale, gli amici di Sara cercano di nasconderla in un condotto d’aria. I successivi ottanta minuti sono pieni di sorprese da scoprire al momento, mantenendo alta la tensione mentre l’azione diventa progressivamente più inverosimile.
Scelte stilistiche ed elementi tecnici
Modiri, che appare anche come un negoziatore di ostaggi dei servizi di sicurezza nella parte finale del film, infonde la sua sceneggiatura con prefigurazioni uditive e visive. I dialoghi abbondano di riferimenti a “ultimo” e “finale”. Tuttavia, in una scelta più innovativa, evita il dispositivo dell’orologio ticchettante che un altro regista potrebbe utilizzare per aumentare la tensione e, invece, taglia a nero tra le sue brevi scene, inculcando un senso di fine, claustrofobia e terrore.
Personaggi e scenografia: un mix di convinzione e perplessità
Oltre a Sara, la donna supposta intelligente che continua a fare scelte stupide, gli altri personaggi risultano completamente monodimensionali. Come fratello di supporto, Sedighian è totalmente poco convincente nelle sue azioni esagerate dell’ultimo atto. La scenografia a basso costo oscilla tra troppo ovvia (Sara incorniciata dalle sbarre dell’appartamento chiuso e sigillato) e perplessa (perché l’appartamento di Peyman è arredato con una enorme foto di Marilyn Monroe, una copia della Ragazza col turbante di Vermeer e le mani distese di Da Vinci?).
Una critica sociale nascosta in un thriller
Il film è stato presentato in Iran questa estate, ma non ha attirato molto pubblico. In un paese afflitto da problemi sociali e dove tanti scrittori-registi meno talentuosi imitano Asghar Farhadi, non c’è da meravigliarsi che le commedie funzionino meglio al botteghino locale.
In definitiva, “6 A.M.” di Mehran Modiri riesce a dipingere un ritratto critico della società iraniana, enfatizzando la vulnerabilità dei cittadini comuni di fronte all’interferenza dello Stato. Pur con alcune incoerenze narrative e stilistiche, il film rappresenta un coraggioso tentativo di trattare temi sociali attraverso il linguaggio del thriller.