I vampiri di Staten Island chiudono i loro bare per sempre: uno sguardo all’ultima stagione di “What We Do in the Shadows”
Una fine senza lezioni: il viaggio eterno dei vampiri
La serie comica “What We Do in the Shadows”, spinoff del mockumentary del 2014 di Jemaine Clement e Taika Waititi, conclude la sua avventura con l’ultimo episodio della sesta stagione. Con uno stile irriverente e disincantato, la serie si chiude senza grandi insegnamenti, promettendo però un’eternità di risate e avventure anche dopo che le telecamere si sono spente.
Addio al documentario: il dilemma di Guillermo
L’episodio finale si apre con Guillermo (Harvey Guillén), il familiare umano della casa, lamentandosi che la troupe del documentario ha girato abbastanza materiale e non avrà più bisogno di visitare la casa dei vampiri. Mentre Nandor (Kayvan Novak), Laszlo (Matt Berry), Nadja (Natasia Demetriou), Colin Robinson (Mark Proksch) e The Guide (Kristen Schaal) sono indifferenti alla conclusione delle riprese, Guillermo inizia a pensare che potrebbe essere il momento di lasciare il servizio a Nandor e cercare nuove opportunità.
Un reality monotono: i vampiri di un’epoca passata
In un colpo di scena sorprendente, Guillermo scopre che questo documentario non è il primo girato nella casa: viene mostrato un clip inedito del 1958, tratto dalla serie “Vampires”, apparentemente girata dai leggendari fratelli Maysles. La scena racconta una conversazione pressoché identica a quella appena avvenuta, dimostrando che la vita dei vampiri è stata sempre la stessa, immutabile e ripetitiva. Questa rivelazione funge da critica metanarrativa della serie stessa, riflettendo sull’ostinata staticità dei suoi personaggi.
Nadja rompe la quarta parete: una conclusione su misura
Uno dei momenti più innovativi dell’episodio avviene quando Nadja utilizza le sue capacità ipnotiche per rompere la quarta parete e suggerisce al pubblico di immaginare un finale che li soddisfi. Ciò conduce a una parodia cinemagraphicamente brillante di “I soliti sospetti”, ma ben presto si ritorna alla realtà della serie e ai personaggi principali.
L’addio di Guillermo: lasciare per ritrovare se stessi
Verso la fine dell’episodio, Guillermo annuncia alla telecamera la sua decisione di lasciare la casa per ritrovare sé stesso, e Nandor acconsente finalmente a farsi chiamare per nome invece che “padrone”. Tuttavia, Guillermo ritorna poco dopo, affermando di aver cercato solo di dare una conclusione al documentario, ma non significa che non possono restare amici.
Una riflessione metanarrativa: il primo episodio del doc
Durante i titoli di coda, i vampiri e Guillermo guardano il primo episodio del documentario. Colin Robinson, con la sua classica insicurezza, chiede: “Quindi questa è una versione provvisoria, giusto? Sei aperto a feedback?”, mentre i coinquilini abbandonano la stanza annoiati. Guillermo è l’unico a rimanere coinvolto dalle riprese, in un chiaro esempio di autoironia.
Un’ode alle commedie: l’eredità di “What We Do in the Shadows”
In un panorama televisivo ricco di trame complesse e sviluppo intenso dei personaggi, “What We Do in the Shadows” rimane fedele alle sue radici di commedia semplice e irriverente. Celebrata dai fan di tutto il mondo, la serie viene chiusa con onore, mantenendo intatta la sua capacità di far ridere senza prendersi troppo sul serio. Per maggiori dettagli sui singoli episodi, è possibile visitare la pagina dedicata.
Il viaggio dei vampiri di Staten Island ci lascia con una riflessione su quanto la vita, anche quella immortale, possa essere una giostra di ripetizioni e piccole grandi risate, dove la vera eternità non è solo nel vivere per sempre, ma nel trovare gioia nella compagnia e nell’assurdo della quotidianità.
Analisi tecnica: come “What We Do in the Shadows” ha ridefinito il mockumentary
Innovazioni stilistiche e tecniche cinematografiche
La serie ha saputo portare una ventata di freschezza nel genere del mockumentary, utilizzando una combinazione di humor nero, effetto documentario e parodia. Uno degli aspetti più interessanti è stata l’abilità di mescolare ambientazioni gotiche e moderne, creando un contrasto che ha reso ogni episodio visivamente interessante e unico.
Riflessioni professionali: perché funziona
Dal punto di vista critico, “What We Do in the Shadows” si distingue non solo per la sua scrittura brillante, ma anche per il modo in cui riesce a far evolvere i suoi personaggi in un ambiente sostanzialmente stagnante. Le dinamiche tra Guillermo e Nandor, ad esempio, offrono una profonda quanto sottile critica alle relazioni di potere e dipendenza.
Un’eredità duratura
Sebbene la serie sia finita, il suo impatto sulla televisione contemporanea è palpabile. Ha saputo mantenere una leggerezza di fondo senza mai perdere mordente, rappresentando un esempio eccellente di come una narrazione apparentemente semplice possa nascondere livelli profondi di significato e capacità di intrattenimento.