Un mondo senza confini: L’arte di Matthew Rankin nel film ”Universal Language”
Immaginazione e realtà alternativa
Nell’industria cinematografica, si pensa spesso che le commedie non siano facilmente esportabili. Le battute sono considerate di natura regionale e l’umorismo tende a perdersi nella traduzione. Tuttavia, il regista Matthew Rankin sfida questa nozione con il suo nuovo film “Universal Language”. La pellicola è stata scelta dal Canada come candidato per l’Oscar nella categoria del miglior film internazionale. Ambientato in un Grande Nord alternativo dove le caffetterie Tim Hortons sono trasformate in casa da tè persiane e la lingua principale è il farsi (con il Quebec che rimane, ovviamente, francofono), il film di Rankin immagina un mondo senza confini cinematografici: una visione assurda ma calorosa che ha disorientato e deliziato il pubblico dei festival sin dalla sua prima alla Quinzaine des Réalisateurs di Cannes.
Coinvolgimento e nostalgia
Rankin sottolinea che, pur non considerandolo un film politico, c’è un gesto radicale nella sua creazione. Il regista ha notato che spettatori canadesi con poca conoscenza dell’Iran e spettatori iraniani con poca conoscenza del Canada hanno entrambi dichiarato di sentirsi nostalgici guardando il film. Questo ha toccato profondamente Rankin e i suoi collaboratori, Ila Firouzabadi e Pirouz Nemati, che hanno trascorso un decennio lavorando su questo progetto.
Un incontro tra influenza cinematografica
A lungo parallelo a stranezze transnazionali come “Ghost Dog: The Way of the Samurai” di Jim Jarmusch e “Brother” di Takeshi Kitano, “Universal Language” si inserisce nella tradizione di fusione delle influenze cinematografiche più disparate. Montreal si trasforma in un mosaico di immagini che fondono elementi culturali canadesi e persiani, creando scene tanto divertenti quanto profonde.
La riflessività come stile narrativo
Il film si ispira anche ai registi iraniani come Abbas Kiarostami, mantenendo un approccio di “artefatto consapevole”. Rankin paragona questo stile a una partita di hockey canadese: la macchina da presa segue l’azione, ma in molti film iraniani, chi ascolta è spesso più interessante di chi parla. Questo elemento introduce una profondità e una riflessione che catturano l’attenzione del pubblico.
Un tocco personale: l’autobiografia sullo schermo
Rankin appare nel film come una versione fittizia di sé stesso, un decisione dovuta alla richiesta dei suoi collaboratori. La sua interpretazione porta in scena la visita immaginaria a Winnipeg, la sua città natale, per visitare la madre. Questo arco narrativo, toccante e vulnerabile, rievoca la perdita reale dei genitori del regista durante la pandemia di COVID-19. Questo rende il film ancora più personale e autentico.
Talenti emergenti e legami familiari
Gran parte del cast di “Universal Language” è composto da amici e familiari dei creatori, dimostrando che, spesso, i migliori interpreti non sono professionisti ma persone reali immerse nel proprio contesto culturale. Come nota Nemati, gli insegnanti sono tra i migliori performer, abituati a catturare l’attenzione di una classe ogni giorno.
La fluidità dell’identità e del genere
Uno degli aspetti più innovativi del film è la sua rappresentazione fluida delle identità di genere. Firouzabadi discute come, in farsi, non ci sia differenziazione tra “lei” e ”lui”, portando ai cambiamenti nei personaggi durante la stesura del film. Questo elemento aggiunge una dimensione di autenticità e inclusività che riflette la fluidità delle nostre vite quotidiane.
Danielle Fichaud e il tono assurdo del film
Un’altra performance memorabile è quella di Danielle Fichaud, che interpreta un burocrate quebecchese in drag. La sua scena stabilisce il tono assurdo del film e sottolinea il talento di Fichaud, una figura amata nel panorama cinematografico del Quebec. Rankin ha esaltato la sua capacità di utilizzare un linguaggio sessuale nelle sue interpretazioni, aggiungendo un ulteriore strato di umorismo al film.
La ricerca delle location a Winnipeg
Le riprese on location a Winnipeg hanno rappresentato una sfida, ma hanno contribuito alla coesione visiva del film. Rankin parla dei luoghi iconici come il centro commerciale ormai demolito e la scala zigzag che omaggia “Dov’è la casa del mio amico?” di Abbas Kiarostami, illustrando la dedizione nel creare uno stile visivo unico.
Il futuro del cinema secondo Rankin
Rankin esprime una visione critica del cinema contemporaneo, spesso ingabbiato in generi rigidi e culture separate. Egli sostiene che il cinema dovrebbe abbracciare il proprio “artificio” invece di cercare di essere una simulazione perfetta della realtà. Paragona la situazione del cinema all’evoluzione della pittura dopo l’invenzione della fotografia, prevedendo che l’arte cinematografica si libererà dalle restrizioni del realismo per esplorare nuove possibilità espressive.
Conclusione
“Universal Language” di Matthew Rankin rappresenta un’esperienza cinematografica unica, caratterizzata da una fusione di influenze culturali e stilistiche, e da una riflessione personale e politica. Il film invita gli spettatori a esplorare un mondo senza confini, dove l’immaginazione e la realtà alternativa si incontrano in modo rivoluzionario.