Ripensare la narrazione di ‘The Brutalist’
Un ritorno alla pellicola: la scelta di Brady Corbet
La decisione del regista Brady Corbet di girare “The Brutalist” su pellicola non ha mai lasciato dubbi. Il direttore della fotografia, Lol Crawley, conferma: “Abbiamo sempre girato su pellicola.” Questa pellicola segue la storia dell’architetto ebreo ungherese László Tóth, interpretato da Adrien Brody. Sfuggito all’Olocausto, si trasferisce negli Stati Uniti dove assapora il sogno americano grazie all’incontro con un ricco industriale che cambia la sua vita.
La fotografia architettonica: uno studio meticoloso
Corbet e Crawley hanno dedicato del tempo alla ricerca sulla fotografia architettonica. Analizzando come veniva fotografata, Crawley osserva, ”Fotografando qualsiasi tipo di architettura, si tende a voler avere una distorsione minima dagli obiettivi. Potresti volere lenti rettilinei per evitare la distorsione caratteristica delle lenti grandangolari.” Questo approccio ha portato Corbet a scegliere il raro formato VistaVision, una pellicola a grande formato creata dalla Paramount Pictures negli anni ’50 per migliorare la qualità dell’immagine.
VistaVision: un salto nel tempo
VistaVision, utilizzata anche da Alfred Hitchcock per film come “To Catch a Thief” e “Vertigo”, offre una qualità d’immagine superiore tirando la pellicola orizzontalmente invece che verticalmente. “Tirando la pellicola orizzontalmente su otto perforazioni alla volta, si ottiene un formato più grande che non ti costringe a utilizzare obiettivi grandangolari per un campo visivo più ampio,” spiega Crawley.
La narrazione post-bellica: un formato epico
Considerando che l’epopea si svolge dopo la Seconda Guerra Mondiale e si conclude negli anni ’80, il formato VistaVision sembrava una scelta naturale. Nel film, László Tóth incontra Harrison Van Buren (Guy Pearce), che lo incarica di costruire un monumentale istituto pubblico. In una scena chiave, László porta Harrison in Italia, in una cava per selezionare il marmo necessario.
Sfide sul set: la miniera di marmo di Carrara
La cava di marmo di Carrara in Toscana, set reale del film, presentava diverse sfide. “Era un ambiente pericoloso perché è una miniera funzionante, e siamo stati molto fortunati a poter girare lì, ma abbiamo dovuto mantenere un’impronta di produzione ridotta, senza portare grandi generatori,” ricorda Crawley. Nonostante le difficoltà, ha scelto di sfruttare la luce naturale disponibile, anziché aggiungere o rimuovere l’illuminazione artificiale.
Un momento cruciale: l’utilizzo della luce naturale
Una delle sequenze preferite di Crawley nel film è proprio quella girata nella cava di marmo. “E’ un momento cruciale nel film. Senza rivelare troppo, è un esempio del comportamento più brutale di un personaggio verso un altro. In questo senso, dal punto di vista della trama, è un momento molto importante,” afferma. Il direttore della fotografia sottolinea come la scelta della camera a mano abbia messo in risalto “la bellezza del VistaVision.”
Distribuzione in 70mm: un’impronta epica
L’epopea di oltre tre ore è stata proiettata in 70mm. Andrew Oran di FotoKem ha collaborato con Crawley per creare le stampe, ognuna delle quali contiene quattro miglia di pellicola e pesa ben 259 libbre. “È stato fantastico e ha creato le stampe per noi,” conclude Crawley.
In sintesi
“The Brutalist” non è solo una testimonianza della vita di un architetto ebreo ungherese che cerca fortuna negli Stati Uniti, ma è anche una celebrazione del cinema in pellicola. Utilizzando VistaVision, Corbet e Crawley riescono a riportarci indietro nel tempo, offrendo un’esperienza visiva che rende omaggio alla grande tradizione cinematografica.
L’impegno nella scelta delle tecniche di ripresa e la cura dei dettagli dimostrano una padronanza tecnica e una dedizione che arricchiscono l’esperienza visiva. Questo film non è solo un’opera narrativa, ma anche un esperimento tecnico che richiama l’attenzione degli appassionati di cinema e degli esperti del settore.
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