Un viaggio introspettivo tra madre e figlia: l’originalità di “Bad Behaviour”
Introduzione
Lucy non sembra la tipologia di persona che partecipa a un ritiro spirituale. Anzi, probabilmente lo ammetterebbe lei stessa. Ma ci prova lo stesso, affrontando il silenzio obbligato e le sessioni di condivisione nella speranza di raggiungere un’illuminazione in cui non crede davvero.
Un’attrice disadattata alla ricerca di sé stessa
Lucy, interpretata da Jennifer Connelly, è un’ex attrice adolescente amareggiata, la cui presenza forte e spigolosa mal si adatta all’atmosfera tranquilla del santuario dell’Oregon che ha scelto per trovare se stessa. Connelly offre una performance intensa, con un’aria piena di risentimento e disillusione. Questo contrasto crea una tensione iniziale nel film “Bad Behaviour” diretto da Alice Englert.
La divisione narrativa: due storie, un solo legame
Nella prima metà del film, la narrazione alterna tra la storia di Lucy e quella della sua figlia adulta Dylan, interpretata dalla stessa Englert. Dylan è una stuntwoman impegnata in un set di riprese in Nuova Zelanda. Questa impostazione offre uno spaccato su due donne le cui aspirazioni sono sempre più incompatibili con l’ambiente che le circonda. Tuttavia, quando le loro storie finalmente si intrecciano, il film perde parte della sua definizione drammatica e tematica.
La forza della rappresentazione
“Bad Behaviour” rappresenta una sfida e una vetrina per Connelly, che ha raggiunto un picco di carriera recente con “Top Gun: Maverick”, ma la cui presenza nervosa e pensierosa sullo schermo è stata raramente testata da Hollywood negli ultimi due decenni. Nel film, Connelly si mostra agitata e a disagio fin dal principio, già nervosa e scontenta di sé mentre guida verso l’Oregon. Durante il tragitto, chiama Dylan per informarla che sarà inaccessibile per il tempo necessario a ottenere una presunta epifania.
Un ambiente spirituale singolare
Il ritiro è gestito da Elon, un leader spirituale dal nome comune quanto singolare. Il personaggio, interpretato da Ben Whishaw, è disarmante nella sua semplicità quotidiana che sfocia in un atteggiamento pacato ma vagamente sinistro. Whishaw interpreta Elon combinando elementi di guru e truffatore, il cui consiglio, sebbene a volte ovvio, è spesso ciò di cui la persona ha bisogno.
Una critica intelligente alle terapie universali
Il copione di Englert evita la facile presa in giro della ricerca spirituale e delle persone che la perseguono, trovando invece una sottile comicità nelle tecniche terapeutiche “one-size-fits-all” che allontanano ulteriormente Lucy dal gruppo. L’irritazione di Lucy si concentra su Beverly, una modella celebrità ossessionata dalla paura di perdere la gioventù e l’influenza. Interpretata da Dasha Nekrasova, Beverly diventa il bersaglio delle verità dure di Lucy, creando un conflitto divertente e tagliente.
Una tensione tra generazioni e aspirazioni
Il contrasto tra Lucy e Beverly offre alla prima parte del film una tensione e una vivacità che la metà dedicata a Dylan, con la sua storia d’amore tentennante con l’attore non disponibile Elmore (Marlon Williams), non riesce a eguagliare. Tuttavia, i due ritratti femminili si completano a vicenda, fornendo una visione acuta sull’equilibrio che le donne devono trovare tra onestà emotiva e riserbo di fronte alla società.
Connessioni visive e tematiche
Il montaggio di Simon Price evidenzia brillantemente questi parallelismi, mentre la fotografia di Matt Henley utilizza luci e atmosfere nebbiose per collocare madre e figlia nel medesimo spazio visivo, anche se separati geograficamente. Todo lo scenario è stato girato in Nuova Zelanda, nonostante l’ambientazione sembri suggerire diverse località.
Un climax inatteso
Il climax del film arriva in modo inaspettato e intrigante, portando a un confronto tra Lucy e Dylan che trasforma il film in qualcosa di più statico e dialogico. Nonostante ciò, alcuni dialoghi risultano spiritosi e istruttivi, culminando in una risoluzione che, se non felice, appare conciliatoria e meritata.
Lucy, nel tentativo di scusarsi con Dylan, ammette: “Dovrai perdonarmi, e poi perdonarti per aver impiegato tanto tempo a perdonarmi.” Questo permette di osservare come l’illuminazione spirituale e il narcisismo tossico possano coesistere, riconoscendo che le persone possono cambiare solo fino a un certo punto.
Conclusione
Alice Englert esordisce come regista con “Bad Behaviour”, dimostrando una competenza notevole nel trattare temi complessi e offrendo un prodotto che ricorda le commedie nere dei primi lavori di sua madre, Jane Campion. La sua visione è chiara: cercare una catarsi anche nei momenti peggiori della nostra vita.