Un viaggio tra sogno e realtà: l’universo di Yalla Parkour
Un racconto tra passato e presente
Il documentario Yalla Parkour, vincitore del premio internazionale al DOC NYC, offre una visione contrastante di Gaza, mescolando nostalgia e dure realtà quotidiane. Diretto dalla cineasta Areeb Zuaiter, originaria di Nablus e residente a Washington, D.C., il film rappresenta il suo debutto nel lungometraggio. La produzione, durata dieci anni, è stata completata prima degli eventi del 7 ottobre 2023, con brevi accenni alla distruzione del 2024 nel prologo e nei titoli di coda.
L’arte del parkour come simbolo di libertà
Zuaiter opta per una struttura narrativa che intreccia la storia dell’atleta di parkour Ahmed Matar con quella dei ricordi di sua madre e della sua identità. Questa scelta può coinvolgere alcuni spettatori, anche se per altri potrebbe sminuire il potere dinamico delle lotte dei giovani gazawi come Matar.
Incontro con il parkour di Gaza
Nel 2013, Zuaiter rimane affascinata dalle immagini di un gruppo di ragazzi di Khan Yunis che eseguono acrobazie di parkour su tetti sabbiosi, mentre sullo sfondo si erge una nube grigia di un’esplosione. Attraverso internet, sviluppa una relazione a distanza con Matar, il giovane cameraman del gruppo, che condivide video mozzafiato girati tra paesaggi devastati.
Matar e il suo gruppo trovano speranza e resistenza nelle loro attività. Nelle rovine pittoresche di Castello Barquq, in un centro commerciale bombardato, in un aeroporto incompleto a Rafah e tra le tombe di un cimitero locale, questi giovani conquistano spazi distrutti con evoluzioni pericolose e spettacolari.
Sopravvivenza e aspirazione
In qualsiasi altro luogo, con la loro forza e grazia, potrebbero essere campioni di tuffi o ginnasti premiati. Ma a Gaza, ciò che Zuaiter definisce una “prigione a cielo aperto”, il parkour diventa una forma di libertà. Matar spera che i suoi video portino a un invito a competere fuori da Gaza e a una vera liberazione.
La cruda realtà delle difficoltà quotidiane
Non tutti i membri del gruppo di parkour condividono la stessa fortuna e abilità di Matar. Un compagno noto come Jinji cade rovinosamente da un edificio alto, riportando gravi fratture. La sua condizione richiede cure in Israele, ma l’ottenimento dei permessi per lasciare Gaza richiede oltre una settimana.
Come dimostra il caso di Jinji, la vita a Gaza richiede la pazienza di un santo. Matar affronta la complessa e costosa trafila per ottenere il visto, venendo respinto quattro volte. Quando finalmente ottiene il visto, questo scade prima che riesca a ottenere il permesso di attraversare il valico di Rafah. Alla domanda di Zuaiter sul motivo del suo desiderio di partire, Matar risponde sconsolato: “Non c’è futuro a Gaza”.
Cambiamenti e nuove speranze
Il film fa un salto temporale dal 2016 al 2023. Scopriamo che Matar è riuscito a uscire da Gaza e vive a Malmö, in Svezia, da sette anni. Tuttavia, la pazienza rimane una virtù necessaria, poiché non può tornare a Gaza fino a quando non otterrà la cittadinanza svedese. Nel frattempo, lavora in una palestra insegnando ai bambini e fa videochiamate con famiglia e amici.
La sfida di raccontare Gaza a distanza
Poiché a Zuaiter non è stato permesso entrare a Gaza, ha dovuto assoldare diversi cameraman locali. Nel corso degli anni, sono riusciti a ottenere alcune delle riprese dell’acqua tanto desiderate dalla regista. Le immagini energiche e realistiche dei giovani parkouristi si contrappongono ai malinconici momenti di Zuaiter al computer, disegnando o osservando foto di famiglia. Allo stesso modo, i colori polverosi di Gaza contrastano con l’inverno innevato e la primavera in fiore di Washington, visti dalla finestra di Zuaiter.
Una colonna sonora stratificata e sapientemente orchestrata da Diab Mekari contribuisce a unire le diverse parti del film, anche se viene utilizzata con parsimonia.
Un omaggio ai caduti
I titoli di coda ricordano che, dalla fine della produzione del film, tre membri dell’equipe di cameraman, un tecnico del suono e un membro della squadra di parkour di Gaza sono deceduti. Zuaiter rende loro omaggio menzionandoli per nome.
Yalla Parkour è una testimonianza potente e viscerale delle lotte e dei sogni di una generazione giovane in una terra martoriata dalla guerra, offrendo speranza attraverso l’essenza dell’arte e del movimento.