Un ritrattato moderno dell’Iran con “Boomerang”
In uno scenario cinematografico spesso dominato da volti giovani, “Boomerang” si distingue per la freschezza del suo sguardo, nonostante sia il debutto di Shahab Fotouhi, un regista già nei suoi quarant’anni. Il film, uno spaccato sorprendente della Teheran contemporanea, riesce a catturare l’attenzione con una narrazione che combina storie interconnesse, non sequitur e persino una scena di realismo magico. Fotouhi, attraverso la sua lente, restituisce una visione vivace di una città in transizione generazionale.
Teheran tra tradizione e modernità
Cresciuto nel periodo successivo alla rivoluzione iraniana, Fotouhi riesce a infondere nelle sue opere una comprensione profonda anche dei personaggi di mezza età, come dimostra ancora una volta in “Boomerang”. Gli uomini, in particolare, mostrano difficoltà nell’abbandonare i vecchi modi di pensare, interagire e vivere. Tuttavia, il cuore del film risiede nelle figure femminili: una madre, Sima (Leili Rashidi), e la sua adolescente figlia Minoo (Yas Farkhondeh), le cui storie parallele riflettono i cambiamenti sociali del paese.
Romantici incontri e frammenti di vita quotidiana
Il film si apre in stile commedia romantica: Minoo, da un lato della strada, incrocia lo sguardo di un affascinante giovane, Keyvan (Ali Hanafian). Mentre attendono di poter attraversare e incontrarsi, iniziano a flirtare senza parole, culminando con la richiesta di Minoo di sciogliere il suo chignon, rivelando così una folta chioma. Questa scena riecheggia dolcezza ed eccitazione.
Nel frattempo, a casa, Sima trova il marito Behzad (Arash Naimian) intento ad ascoltare di nascosto i vicini che fanno l’amore, ignorando deliberatamente la cosa. Diversamente dalla sbocciata storia d’amore adolescenziale di Minoo, il matrimonio di Sima e Behzad pende su un filo sottile, pronto a spezzarsi da un momento all’altro. Behzad prova a orchestrare casualmente un incontro con la sua ex, mentre l’insoddisfazione generale di Sima sembra rendere il divorzio inevitabile.
Un tessuto narrativo complesso
Le relazioni contrastanti tra queste due coppie creano un’ampia cornice narrativa, tuttavia “Boomerang” si rivela molto più che una semplice storia lineare. Anche le scene che coinvolgono i protagonisti appaiono più come vignette che come segmenti di una trama sequenziale. Il risultato finale è comunque affascinante. La cinepresa di Fotouhi e Faraz Fesharaki si sofferma sugli spazi molto tempo dopo l’uscita dei personaggi, e il film introduce nuove scene e interludi attraverso lunghe panoramiche e tilt sulla più banale architettura cittadina. Questo approccio nostalgico assume una qualità quasi magica, grazie alla colonna sonora moderna ed elettronica di Panagiotis Mina.
Osservazioni sociali e riflessioni personali
“Boomerang” è un film dominato dalle conversazioni, ma spesso le parole contano poco. Più significativo è il modo in cui le scene iniziano o finiscono. Behzad, ad esempio, non si sente mai sicuro di sé — così come nessuno degli uomini di mezza età o più anziani nella pellicola — anche quando litigano per un parcheggio. In un episodio particolarmente divertente, Behzad si vanta della marmellata di mele cotogne che prepara, quasi fosse il suo unico talento prezioso.
D’altro canto, Fotouhi cattura le giovani donne e ragazze che entrano in scena già nel mezzo dell’azione — ”invasioni”, se vogliamo, anche se tutto ciò che fanno è ridere e divertirsi in spazi pubblici. Questo piccolo ma significativo recupero di spazio pubblico riflette i recenti movimenti sociali in Iran. Minoo sfoggia persino dei riflessi verdi nei capelli, e le uniche coperture per la testa sono cappucci, bandane e berretti da sci invernali.
Un ritratto politico e artistico
Anche se non apertamente polemico, il film è profondamente politico nel modo in cui rappresenta Teheran nei suoi momenti di quiete, includendo un personaggio queer minore che discute della sua vita amorosa. Questo ritratto sfaccettato e languido della città e della sua gioventù è lontano dal cinema iraniano che tende a viaggiare verso l’Occidente — i più strutturati e seriosi film della “New Wave” e i loro discendenti — aggiungendo ai numerosi motivi per cui l’approccio di Fotouhi risulta così rivitalizzante.
Conclusione personale: “Boomerang” è un’opera che non solo intrattiene, ma offre anche uno sguardo profondo e attuale su una società in evoluzione, mescolando elementi poetici e realistici in una tela visiva affascinante. La capacità di Fotouhi di raccontare storie quotidiane con tale originalità e sensibilità lo rende un regista da tenere d’occhio nel panorama internazionale.