## Un viaggio nella psicologia del crimine familiare: Analisi del film "Papa"
Un crimine inaspettato
In "Papa", *film* di Philip Yung, ci troviamo di fronte a una delle storie più disturbanti degli ultimi anni, ambientata nella vivace città di Hong Kong. La pellicola inizia con una scena agghiacciante: un ragazzo di 15 anni, Ming (interpretato da Dylan So), senza alcun preavviso, utilizza un coltello da carne per uccidere la madre e la sorella minore. Tuttavia, Yung affronta il tema non solo attraverso l'evento criminoso, ma scavando nei dettagli psicologici e familiari che lo precedono e lo seguono.
Attraverso gli occhi di un padre
Il film si sviluppa attraverso la prospettiva di Yuen (Sean Lau), il padre di Ming, che tenta di costruire da capo la sua vita distrutta e al contempo di capire le motivazioni dietro l'insensato gesto del figlio. In questa ottica, "Papa" ricorda il precedente lavoro di Yung del 2015, "Port of Call". Tuttavia, questa volta il focus non è su chi abbia commesso il crimine, ma sul perché e su come una famiglia possa tentare di ricomporsi dopo una tragedia tanto devastante.
La rappresentazione di Hong Kong
Il dramma si ambienta nel 2010 a Tsuen Wan, una periferia di Hong Kong nota per i suoi alti edifici residenziali e i mercati affollati. Qui, Yuen e sua moglie Yin (Jo Koo) gestiscono un ristorante familiare aperto 24 ore su 24, circondati da una comunità sempre in fermento. La coppia cresce due figli: Ming, che vediamo in diverse fasi della sua crescita, dai 5 ai 15 anni, e la dolce Grace, la sorella minore.
Un enigma irrisolto
Il comportamento di Ming, introverso e forse autistico, diventa sempre più strano nel corso del film. È ossessionato dai diritti degli animali e dallo stato dell'ambiente, e arriva a confessare alla polizia di aver ucciso madre e sorella per evitare il sovrappopolamento del pianeta. Tuttavia, nessuna di queste ragioni offre una spiegazione esaustiva del suo gesto. Durante le visite al figlio nel carcere psichiatrico, Yuen continua a chiedersi "perché?" senza mai ottenere una risposta chiara, sottolineando l’impenetrabilità dell’animo umano.
Una narrativa frammentata
La scelta narrativa di Yung, che alterna costantemente passato e presente, crea un mosaico di impressioni piuttosto che un tradizionale thriller. La sensazione di colpa e rimorso pervade sia le scene passate che quelle presenti, illuminate a tratti da brevi momenti di felicità. Questo approccio riflette l’opera di Wong Kar-wai, in cui le scene esistono più come ricordi fugaci che come eventi presenti, contribuendo a un effetto onirico che, pur attenuando l’impatto drammatico, offre un'analisi psicologica ricca e complessa.
La sfida emotiva di Sean Lau
L'interpretazione di Sean Lau è al centro della pellicola. Già noto per ruoli intensi come in "Mad Detective" di Johnnie To, Lau incarna un padre che affronta sfide inimmaginabili con una calma stoica che lascia intuire un profondo tormento interiore. Questa performance rende Yuen un personaggio tridimensionale, il cui silenzio e riservatezza non nascondono la sofferenza ma la amplificano.
Una riflessione sul dolore e la redenzione
"Papa" è, alla fine, un viaggio attraverso il dolore, la colpa e la ricerca della redenzione. La maestria di Philip Yung sta nel presentare una tragedia familiare attraverso un obiettivo che equilibra emozione e riflessione, senza mai scadere in sentimentalismi banali. La cinepresa di Yung cattura magistralmente i frammenti di vita familiare, legati tra loro da temi visivi e emozionali che nascono dalla mente tormentata di Yuen.
"La pellicola ci pone una domanda: è possibile che due mondi così opposti, la routine quotidiana del ristorante e l'orrore del crimine, coesistano? E, soprattutto, un padre amorevole può trovare un modo per esistere tra questi due poli?"
Sean Lau, Jo Koo, e Dylan So offrono interpretazioni profondamente immersive, supportate da una regia che, sebbene cerebralmente orientata, riesce a mantenere viva l’attenzione dello spettatore attraverso un abile uso di tecniche cinematografiche e una trama avvincente.
Dettagli tecnici
- Regia e sceneggiatura: Philip Yung
- Durata: 2 ore e 11 minuti
- Produzione: Word by Word Limited
- Composizioni musicali: Ding Ke
- Montaggio: Jojo Shek
Questo film rappresenta un notevole contributo al cinema di Hong Kong, offrendo non solo intrattenimento ma anche una profonda riflessione sulla natura umana e le sue imprevedibili profondità.