Il lento trionfo del documentario “Sorry/Not Sorry”
Esplorazioni morali e artistiche: il caso Louis C.K. alla lente
Louis C.K. è davvero pentito? Un quesito che ha diviso il mondo della commedia e che il documentario “Sorry/Not Sorry” indaga con precisione chirurgica. Diretto da Caroline Suh e Cara Mones, il film affonda le radici nel periodo pre-MeToo, esplorando la cultura del silenzio che avvolgeva il mondo della commedia.
Guarda il trailer di “Sorry/Not Sorry”
La parabola di Louis C.K.: da re della commedia a emblema dello scandalo
Il documentario parte da lontano, tracciando un’analisi accurata dei 15 anni di carriera di Louis C.K. prima del perdono pubblico (o della mancanza di esso). Dalla sua ascesa come una delle figure più influenti della commedia stand-up con la serie “Louie” su FX, fino agli abusi di potere perpetrati dietro le quinte. C’è una sorta di ironia tragica nel vedere Louis lodato in un episodio di ”Charlie Rose”, dove viene paragonato a giganti come Lenny Bruce e Bob Dylan.
La contraddizione di una pseudo scusa
A differenza di quanto si potrebbe pensare, il film non si sofferma immediatamente sulla caduta in disgrazia di Louis C.K. La sua pseudo scusa pubblica, priva di un reale pentimento, e il suo rapido ritorno sulle scene emergono solo negli ultimi 20 minuti del film.
La complicità del mondo della commedia è resa palpabile attraverso il racconto delle tragiche esperienze vissute da comiche come Dana Goodman e Julia Wolov all’Aspen Comedy Festival del 2002. Un rituale che Louis C.K. compiva senza temere conseguenze, con un’intera comunità che chiudeva un occhio.
Riflessioni personali: arte e artista possono davvero essere separati?
Uno degli aspetti più intriganti del documentario è la sua capacità di suscitare riflessioni su come dovremmo approcciarci a persone come Louis C.K. Wesly Morris, critico del New York Times, suggerisce che C.K. avrebbe dovuto affrontare un vero e proprio percorso di redenzione, cosa che invece non è avvenuta. Michael Ian Black apre una discussione pubblica su Twitter, chiedendosi se e come si possa accogliere nuovamente artisti macchiati da simili scandali nella società.
Una domanda che divide e che non ha risposte facili.
E ora, il ritorno sulle scene: era inevitabile?
Louis C.K. ha riacquistato notorietà attraverso canali indipendenti, lontano dall’apparato corporativo di reti e studi televisivi. Questo ritorno, esplorato con intelligenza nel documentario, solleva domande fondamentali su come la cultura dovrebbe trattare figure come lui. C’è una triste ironia nel vedere Louis cercare di ricontestualizzare i suoi atti davanti al suo pubblico: “Tutti abbiamo le nostre ossessioni,” dice. Ma non è sufficiente, e il documentario lo rende evidente con una precisione quasi dolorosa.
Che cosa rende “Sorry/Not Sorry” un capolavoro documentaristico è la sua capacità di spingerci verso una riflessione più ampia: come bilanciare talento e moralità? È possibile riconciliare un’opera d’arte con la fallibilità umana del suo autore? E, come si può riparare quando il danno è stato già fatto?
Domande aperte, senza risposte facili, che ci invogliano a guardare dentro noi stessi e a mettere in discussione le nostre percezioni e giudizi. Forse, proprio qui risiede la vera forza di “Sorry/Not Sorry”.