L’intrigante quadro dei nuovi progetti di Amos Gitai: tra cinema e conflitti
Il genio di Amos Gitai e il suo nuovo progetto “Why War?”
Nel vivace contesto del Taormina Film Festival, il celebre regista israeliano Amos Gitai ha offerto uno spunto intrigante sul suo prossimo lungometraggio, “Why War?”, successivo alla sua presenta a Berlinale con “Shikun”. Con protagonisti di calibro come Irène Jacob, Mathieu Amalric e Bahira Ablassi, questo film promette di essere una riflessione profonda sull’eterna questione dei conflitti umani.
Gitai ha spiegato con enfasi: “Perché le persone fanno la guerra è il tema del mio prossimo film. È il dialogo tra Einstein e Freud nel 1931. Albert Einstein fu scelto dalla Società delle Nazioni per porre una domanda a uno dei più grandi intellettuali dell’epoca, e scelse Sigmund Freud. La domanda era composta da due parole: ‘Why war?’ (Perché la guerra?).”
Un dialogo immortale tra giganti del pensiero
Questo scambio epistolare tra Albert Einstein e Sigmund Freud costituisce la base narrativa di “Why War?” Why War? e, secondo quanto riportato sul sito di Elefant Films, la sceneggiatura è stata scritta da Marie-Josée Sanselme e il film è prodotto da Alex Iordachescu. Il parterre di attori include, oltre a Jacob e Amalric, Keren Mor, Yael Abecassis e Micha Lescot, solo per citarne alcuni.
Parallelismo con la realtà attuale e riflessioni sull’arte del cinema
Durante l’intervista a Variety, Gitai riflette sulla tempistica del progetto, in parallelo con gli attuali conflitti in Medio Oriente, tra cui un attacco mortale al campo profughi di Khan Younis. Gitai non esita a condividere il suo disaccordo con l’idea che l’arte possa immediatamente cambiare la realtà, in contrasto con la visione di Michael Moore.
“Picasso, con il suo capolavoro ‘Guernica’ del 1937, non cambiò immediatamente il corso degli eventi, ma segnò un ricordo indelebile nella nostra memoria collettiva”, afferma Gitai.
“Shikun”: un’esplorazione neorealista dell’odio e della speranza
“Shikun”, ultimo sforzo creativo di Gitai, è un adattamento libero del “Rinoceronte” di Eugene Ionesco, ambientato in un progetto di edilizia abitativa israeliana e vede partecipazione di Irène Jacob. Shikun rappresenta, secondo Gitai, un esempio di creazione di un palcoscenico per il dialogo tra culture e speranze diverse, nonostante la presenza di forze distruttive.
“Il grande successo di ‘Shikun’ è stato riunire musicisti israeliani, palestinesi e iraniani sul palco a Berlino, dimostrando che possiamo rimanere amici anche contro le forze che vogliono guerra e distruzione”.
Critica alla politica israeliana e ricerca di soluzioni pacifiche
Con tono critico, Gitai non risparmia commenti accesi verso il regime del Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu, sottolineando l’inutilità delle forze militari come soluzione ai conflitti. Riporta aneddoti personali legati all’ex Primo Ministro Yitzhak Rabin, mostrando come la vera pace richieda dialogo e comprensione reciproca.
“Quando sono andato a Washington con Yitzhak Rabin, ricordo cosa mi disse su Gaza. Non possiamo muoverci unilateralmente. Dobbiamo assicurarci che i lavoratori palestinesi ricevano i loro stipendi, abbiano acqua, elettricità, persino ossigeno negli ospedali”.
Le lezioni dei grandi maestri del cinema neorealista
Gitai trae ispirazione dai maestri del neorealismo italiano come Roberto Rossellini, il cui film “Germania anno zero” rimane un capolavoro per l’onestà con cui ha rappresentato la devastazione della Germania post-bellica. Germania anno zero
“Le grandi pellicole iniziano quando la proiezione finisce. Poi ti chiedi cosa volesse davvero dirti il regista, e devi ricostruirlo e capirlo da solo. Così, anche in una giornata cupa come questa, la domanda è legittima: cos’altro possiamo fare? Non riediterò il film.”
Il viaggio emozionante tra i futuri e presenti progetti di Amos Gitai lascia aperte numerose riflessioni sulla potenza del cinema e sulla sua capacità di stimolare memorie e domande che vanno ben oltre la durata di un film. Quale sarà il prossimo messaggio che Gitai ci inviterà a scoprire?
In questi momenti di instabilità mondiale, le conversazioni generate dall’arte e dal cinema diventano più pertinenti che mai. Forse non salveranno il mondo in un istante, ma segneranno tracce indelebili nella nostra memoria collettiva.