L’ironia di Interior Chinatown: Un’analisi critica
Uno degli aspetti paradossali di “Interior Chinatown” su Hulu è il suo tentativo di ribaltare stereotipi mentre finisce per crearne di nuovi. Il protagonista, Willis Wu (interpretato da Jimmy O. Yang), è un cameriere che aspira a essere l’eroe, ma si sente relegato a un “personaggio secondario nella storia di qualcun altro”. Questa serie sembrerebbe rappresentare la sua occasione per prendere il controllo del suo destino, ma alla fine lo costringe in un’altra scatola, questa volta come avatar per un’analisi culturale.
La trama e i personaggi
La serie inizia con una premessa promettente: Willis avvista una donna che viene rapita e decide di riferire l’incidente all’agente di polizia Lana Lee (Chloe Bennet), di cui è innamorato. Questo evento lo porta a investigare la scomparsa del fratello maggiore, avvenuta dodici anni prima. Il primo episodio, scritto da Charles Yu e diretto da Taika Waititi, usa un linguaggio visivo che richiama varie influenze cinematografiche, mettendo in evidenza il tema dell’autoriflessione della televisione su sé stessa, simile a “WandaVision” o “Kevin Can F Himself”.
Analisi tecnica e stilistica
Il punto di forza iniziale della serie è la sua intelligenza. Personaggi come i detective Green (Lisa Gilroy) e Turner (Sullivan Jones) sono presentati come protagonisti di un procedural immaginario chiamato “Black & White: Impossible Crimes Unit”. Questo espediente permette alla serie di giocare con gli archetipi dei programmi polizieschi, inserendo riferimenti visivi a registi come Wong Kar-wai e icone come Bruce Lee.
Tuttavia, nonostante queste trovate stilistiche, il plot centrale risulta piuttosto debole e i personaggi sono poco sviluppati. Nella versione letteraria, la narrazione in seconda persona avvicinava il lettore al protagonista. Purtroppo, la serie non riesce a creare una connessione simile, nonostante l’uso di numerose voice-over in prima persona.
Meta-narrazione e i suoi limiti
Anche se la meta-narrazione può essere affascinante, nella terza puntata della serie sembra essere controproducente. Invece di arricchire la comprensione del mondo in cui vive Willis, diventa una barriera che ci separa dai personaggi, rendendo difficile apprezzarli pienamente. Jimmy O. Yang offre una performance convincente, alternando commedia leggera e momenti di eroismo sincero. Anche Ronny Chieng, nel ruolo di Fatty, riesce a strappare più di una risata, ma il loro rapporto risulta poco approfondito a causa di una sceneggiatura più interessata a sovvertire i tropi che a esplorare le dinamiche umane.
La rappresentazione culturale: un passo indietro?
Un altro punto debole di “Interior Chinatown” è la sua ambientazione. La serie sembra fermarsi a un’immagine degli anni ’90 per rappresentare il ruolo degli asiatici nella cultura pop, ignorando i progressi fatti negli ultimi vent’anni. Film e serie TV come “Fresh Off the Boat” o Shang-Chi e la leggenda dei dieci anelli hanno ampliato l’idea di cosa possa essere un “ruolo asiatico” nel mainstream.
La complessità delle dinamiche familiari
Un aspetto positivo è il trattamento delle relazioni familiari, come quella tra i genitori di Willis, Lily (Diana Lin) e Joe (Tzi Ma). Questi momenti di tenerezza e conflitto risaltano in mezzo a una sceneggiatura che spesso preferisce la critica dei tropi alle storie personali.
L’ambizione della serie
C’è la sensazione che “Interior Chinatown” abbia ancora qualche trucco in serbo per la seconda metà della stagione. Un colpo di scena riguardante il personaggio di Turner lascia presagire che le ambizioni della serie potrebbero essere più grandi di quanto inizialmente si percepisse.
“Interior Chinatown” tenta di affrontare tematiche importanti e di sfidare gli stereotipi. Tuttavia, al momento risulta ancora troppo imbrigliato nei suoi stessi meccanismi meta-narrativi per riuscire a rappresentare i suoi personaggi come esseri umani completi.