La potenza dei documentari in tempi di populismo repressivo
Panoramica del festival IDFA
Quest’anno registi documentaristi e leader del settore si sono riuniti all’International Documentary Film Festival di Amsterdam per discutere su indipendenza e resistenza in tempi di populismo repressivo. La conferenza annuale europea, organizzata in collaborazione con il broadcaster pubblico francese Arte, è stata introdotta dal direttore artistico Orwa Nyrabia.
La cultura come nemico del populismo
Nyrabia ha aperto la discussione sottolineando il crescente successo dei movimenti populisti sia in Europa che nel resto del mondo e come questi riconoscano i registi come “nemici”. “Capiscono molto velocemente che la cultura non è loro amica e che i documentaristi sono i loro principali nemici perché tendiamo a criticare immediatamente,” ha spiegato Nyrabia. “Non dovrebbero avere il potere di fermarci”.
Il caso del documentario “No Other Land”
Un argomento che ha generato accese discussioni è stato il recente episodio avvenuto in Germania, dove il Portale Ufficiale della Città di Berlino ha descritto il film No Other Land, co-diretto dal giornalista israeliano Yuval Abraham, come avente ”tendenze antisemite”. Berlinale Directrice Tricia Tuttle ha rilasciato una dichiarazione a sostegno del film, affermando: “Voglio essere chiara nel dire che non considero il film né i commenti fatti dai co-direttori, Basel Adra e Yuval Abraham, antisemiti.”
Critiche al regime israeliano
Durante la conferenza, si è discusso ampiamente delle difficoltà incontrate dai documentaristi israeliani. Osnat Trabelsi, produttrice israeliana, ha ricevuto un messaggio mentre era sul palco, informandola che il suo film The 1957 Transcripts era stato etichettato come “propaganda nazista” da alcuni spettatori. “Quando critichi Israele, questa è l’accusa che ricevi. E noi siamo da lì”, ha commentato Trabelsi, visibilmente scossa.
Sfide del finanziamento pubblico
Trabelsi ha riflettuto sulla difficoltà di accettare finanziamenti pubblici dal suo Paese, descrivendo Israele come “una democrazia di facciata”. “Il governo israeliano ama dire che siamo l’unica democrazia in Medio Oriente, ma agisce come un regime autoritario,” ha detto, aggiungendo che negli ultimi dieci anni è diventato sempre più difficile realizzare film critici nei confronti del governo.
Il caso del Brasile
Anche la regista brasiliana Petra Costa ha affrontato sfide simili durante la presidenza di Jair Bolsonaro. Costa, candidata all’Oscar nel 2020 per The Edge of Democracy, ha parlato del clima di persecuzione politica contro i cineasti progressisti. “Non mi sento sicura a ricevere denaro dallo stato brasiliano oggi, anche se siamo sotto un governo democratico,” ha confessato.
La situazione in Georgia
Salomé Jashi, regista e presidente dell’Associazione Documentaristi della Georgia, ha illustrato come in Georgia non ci sia scelta sull’accettazione di fondi pubblici. “Non vogliamo collaborare con un governo che marginalizza parti della società come le persone queer,” ha affermato Jashi.
Alternative e soluzioni
Per quanto riguarda le soluzioni contro il populismo, i filmmaker presenti alla conferenza hanno concordato sull’importanza di riconnettersi con l’attivismo di base. “Dobbiamo fare più sforzi per riconnetterci con l’attivismo di base, altrimenti la classe lavoratrice diventa suscettibile al veleno del fascismo”, ha enfatizzato Costa.
Conclusione
I documentaristi si trovano ad affrontare sfide crescenti in un contesto globale in cui il populismo repressivo sta guadagnando terreno. Ciononostante, continuano a lottare per la verità e la trasparenza, dimostrando che la cultura e il cinema documentaristico sono strumenti potenti per la resistenza e il cambiamento sociale.