La piaga delle donne indigene scomparse e assassinate: uno sguardo profondo attraverso “Missing From Fire Trail Road”
La crisi delle donne indigene scomparse e assassinate è un problema che, per troppo tempo, è stato ignorato in Nord America. Negli ultimi anni, tuttavia, ha guadagnato maggiore attenzione grazie a rappresentazioni potenti in serie televisive, film e documentari premiati. “Missing From Fire Trail Road” si distingue per la sua rappresentazione brutale e intensa di questo dramma.
Un documentario che scuote l’anima
“Missing From Fire Trail Road”, diretto dalla documentarista Sabrina Van Tassel, non si sofferma inutilmente su immagini di violenza sanguinosa né su resti umani per aprire gli occhi e toccare i cuori del pubblico. Invece, concentrandosi quasi interamente su una singola sparizione nello Stato di Washington, e parlando con amici e familiari disperati, il documentario ci fa vivere il dolore perpetuo e la rabbia latente di un popolo che lotta per ottenere una chiusura riguardo ai propri cari scomparsi.
Tutti siamo catapultati in questo dramma due anni dopo la scomparsa di Mary Davis Johnson, svanita mentre camminava sola lungo Fire Trail Road vicino alla riserva Tulalip, nei pressi di Seattle. Sin dall’inizio del documentario, i sospetti cadono sul marito violento di Mary, che chiamò i parenti della moglie giorni dopo la sua scomparsa chiedendo loro di denunciare la cosa alla polizia. Poco dopo, anche lui scomparve, portandosi via una significativa parte del risarcimento che Mary aveva ricevuto dallo stato per aver subito abusi durante l’infanzia da parte di genitori adottivi bianchi.
Le sfide nel cercare giustizia
Le sorelle di Mary e altri membri della tribù rifiutano di perdere la speranza che, se Mary non sarà trovata viva, almeno possa essere sepolta con rispetto. Tuttavia, il sistema remano loro contro. Come spiegano la portavoce della tribù Tulalip, Terry Gobin, e altri, il diritto federale impedisce alle autorità tribali di indagare o processare uomini bianchi che abusano di persone indigene.
Questa situazione crea una dinamica di “patata bollente” legale, in cui le agenzie governative si passano la responsabilità di risolvere il crimine, offrendo varie scuse del tipo “non è compito nostro”. Nel frattempo, visitatori sgraditi delle riserve trattano queste aree come terreni di caccia, dove possono stuprare e/o uccidere donne indigene con quasi totale impunità.
Riflessioni profonde e storiche
Un avvocato per i diritti degli indigeni sottolinea che, teoricamente, l’FBI potrebbe intervenire per indagare sulla scomparsa di Mary. Tuttavia, secondo lui, i federali sono troppo occupati a inseguire terroristi nazionali e internazionali per dedicare molto tempo a un caso freddo che coinvolge solo una donna indigena.
Meticolosamente intrecciata con i dettagli definitivi del caso di Mary, vi è una storia completa di sfruttamento e maltrattamenti subiti dai popoli indigeni in Nord America. Viene posto un particolare accento sulla rimozione forzata dei bambini indigeni dalle loro famiglie e il loro collocamento in collegi e famiglie adottive dove venivano marginalizzati, maltrattati e sistematicamente allontanati dalla loro cultura.
Un messaggio senza tempo
Una nube scura di malinconia e despondency aleggia su “Missing From Fire Trail Road” – e non solo in senso figurato. Lunghe silenzi pensierosi e i toni grigi della cinematografia evocativa di Christophe Astruc aumentano l’impressione che, nonostante la determinazione di coloro che si rifiutano di fermare la ricerca dopo due anni di vicoli ciechi, né loro né noi otterremo il conforto di un lieto fine, o la chiusura di una risoluzione.
C’è una promessa di speranza verso la fine che almeno una domanda troverà risposta. Ma non ci vuole molto per Sabrina Van Tassel per indicare che, purtroppo, la verità non sempre libera. Infatti, a volte ti rende consapevole di quanto poco probabilmente saprai mai.
Much like Sugarcane, un altro devastante documentario sulla cronica maltrattamento degli indigeni, “Missing From Fire Trail Road” è un film difficile da guardare. Tuttavia, così come “Sugarcane,” è senza dubbio un film necessario.