Il caso incredibile di Paul Kevin Curtis: tra leggende e realtà nel sud degli Stati Uniti
La trama inaspettata di “The Kings of Tupelo: A Southern Crime Saga”
Guardando per la prima volta The Kings of Tupelo: A Southern Crime Saga, si potrebbe pensare di trovarsi di fronte a un mockumentary, considerando la peculiare serie di personaggi provenienti da una piccola cittadina del Mississippi. Tuttavia, la realtà supera di gran lunga la finzione quando i registi Chapman e Maclain Way svelano la storia di come un imitatore di Elvis Presley sia diventato un informatore su un traffico di organi e successivamente accusato di un tentativo di assassinio contro l’ex presidente Barack Obama.
Le vicende che hanno portato allo scandalo della ricina del 2013
Le accuse gravi che sono al centro della docuserie di Netflix, comprendono l’invio di lettere contaminate con la sostanza biochimica conosciuta come ricina a diversi funzionari del governo nel 2013. Sorprendentemente, ottenere testimonianze su tali eventi è stato più facile del previsto per i fratelli Way.
“Tutti dicevano: ‘Oh mio Dio, questa è la storia più incredibile, dovete conoscere Bob e Bob suonava in una band con Kevin’,” ha raccontato Chapman durante il panel di THR Frontrunners a Los Angeles. “Tutti conoscevano tutti. Pensavo sarebbe stato difficile far parlare le persone di questa vicenda, ma invece era il contrario. Presto ci siamo resi conto che nel Sud ci sono narratori incredibili; narratori straordinariamente bravi.”
Il ruolo chiave di Paul Kevin Curtis
Al centro della storia troviamo Paul Kevin Curtis, un ex artista tributo a Elvis, la cui relazione con il fratello Jack – anch’egli imitatore di Elvis – si incrina quando Kevin accusa il North Mississippi Medical Center di vendere organi sul mercato nero.
“Passare molto tempo con Kevin e la sua famiglia ti fa capire quanto sia convinto di fare qualcosa di straordinario. È convinto di essere l’eroe di questa storia, di essere dalla parte della giustizia,” ha affermato Chapman.
I fratelli Way hanno intervistato Curtis per ben 32 ore, immergendosi nelle convinzioni di un uomo che non si vede come un delatore o un cospiratore, ma come un difensore della giustizia. Questa convinzione aggiunge un ulteriore livello di complessità alla già intricata trama.
Due documentari in uno: un approccio narrativo singolare
“Si tratta praticamente di due documentari in uno,” ha spiegato Maclain a proposito del loro processo creativo. “I primi due episodi raccontano la storia di Paul Kevin Curtis, mentre nel terzo episodio emerge un altro personaggio che occupa un ruolo significativo nella narrazione.”
Gli autori hanno deciso di abbracciare lo stile affabulante del Sud, lasciandosi guidare dalle storie grandiose per dare forma al loro racconto.
“Ci siamo resi conto subito che sarebbe stato impossibile verificare tutti i fatti, quindi abbiamo deciso di appoggiarci alla cultura del luogo,” ha detto Chapman.
Il ricorso alla tradizione orale e alla narrazione esplorativa
Ciò che non è accaduto diventa parte integrante del cuore narrativo della docuserie, creando una tensione che si sviluppa attraverso gli episodi. La metodologia adottata dai registi presenta una sfumatura esplorativa più che investigativa, concentrandosi sull’impatto che la storia di Kevin ha avuto sui suoi cari, amici e familiari.
“Abbiamo sempre detto di essere più esplorativi che investigativi,” ha aggiunto Chapman. “E questa è una storia su come le vicende di Kevin abbiano influenzato chi gli stava intorno.”
Conclusione
In definitiva, “The Kings of Tupelo: A Southern Crime Saga” non è solo una docuserie avvincente, ma una testimonianza della ricchezza narrativa del Sud degli Stati Uniti. I fratelli Way riescono a intrecciare eventi storici con racconti personali, creando una narrazione che si muove tra realtà e mito, mostrando come, a volte, la vita vera possa essere più straordinaria di qualsiasi finzione.