La sfida architettonica di “The Brutalist”
Judy Becker, nota per la sua straordinaria capacità di adattare ambienti storici ai set cinematografici, ci sorprende ancora una volta con il suo lavoro in “The Brutalist”. In passato, ha lavorato a film come “American Hustle” e “Carol”, dimostrando grande abilità nella ricostruzione di scenografie. Tuttavia, la realizzazione di “The Brutalist” ha rappresentato una nuova e stimolante sfida.
Un’ambientazione che racconta il passato
In “The Brutalist”, Becker ha trasposto l’architettura degli anni ’40, trasformando l’Ungheria in una versione storica di Philadelphia. Il film narra la storia di un architetto, László (interpretato da Adrien Brody), che, sopravvissuto all’Olocausto, emigra negli Stati Uniti. László viene scoperto da un ricco cliente, interpretato da Guy Pearce, e viene incaricato di costruire un centro comunitario che include una biblioteca, un teatro e una cappella.
La maggior parte del film è stata girata in location reali. Per rappresentare il centro comunitario, Becker ha progettato una struttura pratica, caratterizzata da grandi forme in cemento in stile brutalista, un’architettura che riflette l’ambizione e il trauma del protagonista.
La simbiosi tra architettura e narrazione
Un aspetto chiave del design di Becker per questo film è la fusione simbolica di due campi di concentramento. Nonostante il film non mostri direttamente l’Olocausto, l’architetto esprime il suo trauma attraverso la costruzione stessa. Becker si è ispirata all’architettura dei campi di concentramento della Seconda Guerra Mondiale, notando la formazione a croce, che diventa un punto focale nella cappella del film.
“Non avevo inizialmente chiara l’ispirazione, ma osservando i vari campi, la croce centrale mi ha colpita,” spiega Becker. “Questo simbolismo è stato cruciale per rappresentare visivamente il trauma di László.”
Una preparazione meticolosa e risorse limitate
Il team ha trascorso circa 12 settimane preparando le riprese e cercando luoghi in Ungheria che potessero essere credibili come Stati Uniti. “Il vantaggio del periodo storico,” afferma Becker, “è che alcune aree industriali di Budapest ricordavano molto quelle di Philadelphia negli anni ’50.”
La produzione ha dovuto confrontarsi con un budget molto ristretto, il più basso mai avuto da Becker per un film di quel periodo. Questo ha richiesto una gestione economica molto creativa delle risorse. “Quando i fondi sono limitati, devi essere ancora più creativo,” osserva Becker. “Penso che questo ti renda più intelligente nel trovare soluzioni.”
La flessibilità creativa come motore del successo
Lavorare con il regista Brady Corbet si è rivelato un’esperienza liberatoria per Becker. La sua flessibilità nella direzione artistica ha permesso una maggiore libertà creativa. Becker ricorda un aneddoto dal Sundance Directors Lab in cui un regista trasformò l’interno di un autobus in un aereo usando semplici piatti di carta, mostrando come l’ingegno possa trasformare uno spazio.
“Non dico che abbiamo usato piatti di carta per creare un set,” scherza Becker, “ma ‘The Brutalist’ è stato in qualche modo il mio film dove ho trasformato un autobus in un aereo.”
“The Brutalist” al cinema
“The Brutalist” è ora disponibile nelle sale cinematografiche. Questa pellicola non rappresenta solo un esempio di straordinaria progettazione di produzione, ma è anche una testimonianza di come la creatività e l’ingegno possano superare le limitazioni materiali e finanziarie, producendo un’opera d’arte significativa e toccante.
L’abilità di Judy Becker nell’integrare profondità emotiva e precisione storica nel suo lavoro ci offre un’ulteriore prova del suo talento straordinario. Se vi appassiona l’architettura cinematografica e la narrazione storica, non potete perdervi la visione di “The Brutalist”.