Il richiamo silente delle vette: ‘Un pasteur’ e ‘Le fils du chasseur’ al centro della scena
In un’epoca in cui il cinema sembra sempre più incline alla grandezza spettacolare, alcuni film scelgono invece percorsi di narrazione intimista e territori meno battuti. È il caso di Un pasteur di Louis Hanquet e Le fils du chasseur di Juliette Riccaboni, entrambi premiati recentemente al Trento Film Festival. Questi film non solo raccontano storie di montagna, ma anche di isolamento, tradizione e la ricerca di identità, giocando con un linguaggio cinematografico tanto vario quanto affascinante.
La complessità di ’Un pasteur’
Il giovane Félix, interpretato magistralmente da Loïc Corbery, viaggia attraverso le difficoltà e le bellezze della vita pastorale, riflettendo sul suo isolamento e sulle sfide poste dal suo avversario invisibile, il lupo. Il regista Louis Hanquet utilizza il silenzio e la vastità dei paesaggi per sottolineare la solitudine del protagonista, un uomo il cui unico contatto con il mondo esterno sono gli animali che accudisce.
Puoi vedere il trailer qui: Trailer di Un pasteur
L’intramontabile vicenda di ‘Le fils du chasseur’
Allo stesso modo, Le fils du chasseur di Juliette Riccaboni, con un’intensa performance di Yassine Fadel, esplora la connessione tra un giovane di origini marocchine e il padre montanaro. La ricerca delle proprie radici si trasforma in un viaggio emotivo, dove le alte vette diventano testimoni di riconciliazioni e rivelazioni personali.
Vedi il trailer qui: Trailer di Le fils du chasseur
La manifestazione di Trento: un palcoscenico per le narrazioni autentiche
Il Trento Film Festival si conferma ancora una volta un terreno fertile per il cinema che osa esplorare temi profondi e spesso trascurati. Le vicende di Félix e Yassine sono solo due esempi di come il festival abbia saputo rinnovarsi, mantenendo al contempo un legame stretto con le sue radici storiche e culturali.
Le voci degli addetti ai lavori
La direttrice della rassegna, Luana Bisesti, e Mauro Gervasini, responsabile del programma cinematografico, hanno entrambi sottolineato l’importanza di continuare a promuovere un cinema che parli di persone reali, di natura e di tradizioni in maniere acute e talvolta crude. Questo approccio non solo arricchisce il panorama culturale ma svolge anche un lavoro essenziale nel preservare e trasmettere storie che altrimenti potrebbero essere dimenticate.
Una chiusura che apre nuovi orizzonti
La risonanza delle storie raccontate in ‘Un pasteur’ e ‘Le fils du chasseur’ si estende ben oltre le cerimonie di premiazione. Esse sollecitano una riflessione più ampia sulla nostra relazione con la natura e con il nostro passato. In un mondo che corre veloce, fermarsi a contemplare la vita silenziosa delle montagne può essere tanto rivoluzionario quanto necessario.
Il cinema, con la sua capacità unica di esplorare l’essenziale attraverso l’artistico, continua a essere uno strumento potentissimo per comprendere meglio noi stessi e il mondo che ci circonda. La prossima volta che avrete l’occasione di guardare un film, ricordatevi che potreste ritrovarvi davanti non solo una storia da seguire, ma un viaggio da intraprendere.