# Un viaggio alla riscoperta della fede e dell’identità: la storia di Amichai Lau-Lavie
In “Sabbath Queen,” il regista Sandi DuBowski documenta il viaggio unico e significativo di Amichai Lau-Lavie, rabbino e drag queen, erede di una linea di rabbini ortodossi lunga 38 generazioni. Il documentario, girato in oltre 21 anni, segue Lau-Lavie mentre cerca di conciliare i rigidi dettami culturali e religiosi dell’ebraismo ortodosso con la sua identità di uomo gay e drag queen.
Il documentario inizia nel 2017, quando Lau-Lavie celebrò un matrimonio ebraico a New York tra due uomini, entrambi buddhisti dichiarati. Questo evento, considerato rivoluzionario e provocatorio, mostra come Lau-Lavie sfidi le norme tradizionali per promuovere un messaggio di inclusività. Egli stesso ammette di aver “infranto la legge” secondo gli insegnamenti del Jewish Theological Seminary, a cui era devoto. Lau-Lavie rivela: “Non tutto ciò che abbiamo ereditato è degno di essere tramandato; dobbiamo guardare al 21° secolo negli occhi. L’agente di cambiamento che voglio essere nel mondo deve venire dall’interno, per affrontare le voci sempre più divisive nell’ebraismo.”
Come fondatore di Lab/Shul, una congregazione sperimentale e pop-up, Lau-Lavie mira a reinventare creativamente la religione e i rituali, sfidare il patriarcato, promuovere l’amore interreligioso e sostenere la pace. La sua visione è una fede inclusiva, che accoglie tutti e offre un’opzione per chiunque desideri esplorare la spiritualità senza imposizioni.
Lau-Lavie afferma: “Ho capito presto che ero al servizio di una storia che si stava sviluppando, re-immaginando la tradizione che abbiamo ereditato da una prospettiva femminista, morale e umanitaria.” Per lui, il documentario è uno strumento essenziale per amplificare questo processo di trasformazione.
DuBowski ha atteso 13 anni prima di intervistare il fratello di Lau-Lavie, Rabbi Benny Lau, un rabbino ortodosso molto rispettato in Israele. Questo colloquio è diventato la spina dorsale del film, dimostrando come due fratelli con ideologie politiche e religiose diverse possano mantenere un profondo rispetto e amore reciproci. “Questi due fratelli modellano, per me e per molti altri, cosa significa dissentire in modo costruttivo,” afferma DuBowski.
Lau-Lavie riconosce che “i cori hanno bisogno di predicare a se stessi.” Egli osserva come sia doloroso essere una persona progressista e amante della pace in un contesto di trauma. Anche se il documentario può non raggiungere tutti, il messaggio mira a chi è pronto a riceverlo.
Fratello di Lau-Lavie, Rabbi Benny Lau, lo accusa di “giocare con l’ebraismo.” In risposta, Lau-Lavie sottolinea che la religione è un affare rischioso. “Se non sei nel business di curare musei e mantenere le cose nostalgiche, allora è rischioso. Stiamo cercando di adattare cosa sarà la fede nel 21° secolo,” afferma Lau-Lavie.
DuBowski spera di proiettare il film in Israele, in particolare a Gerusalemme, epicentro delle sfide più grandi. “Ci sono molte narrazioni contro cui combattere,” afferma il regista.
>Sabbath Queen**, presentato in anteprima al Tribeca Film Festival, è attualmente alla ricerca di una distribuzione più ampia.
Per un articolo di questa portata, riflettere sulla complessità del soggetto e la risonanza che potrebbe avere su vari spettatori è fondamentale. Non solo racconta una storia di resistenza e ridefinizione identitaria, ma mette in evidenza l’importanza di sfidare le norme e di abbracciare la diversità in tutti i suoi aspetti. Conduciamo questa riflessione nel contesto attuale, dove il dialogo tra tradizione e progresso è più essenziale che mai.