Lettera di cineasti palestinesi contro la rappresentazione disumana di Hollywood
Un gruppo di quasi 70 registi palestinesi, inclusi noti esponenti come Hany Abu Assad, due volte nominato agli Oscar, ed Elia Suleiman, ha firmato una lettera in cui accusano Hollywood di aver disumanizzato i palestinesi sugli schermi cinematografici per decenni. Secondo loro, questa continua rappresentazione negativa ha contribuito alla tragedia in corso a Gaza.
Un’accusa dura e diretta
La lettera, firmata anche da pluripremiati registi come Michel Khleifi, Mai Masri, Najwa Najjar, Farah Nabulsi e altri 22 registi dietro la raccolta di cortometraggi “From Ground Zero”, attuale candidatura palestinese agli Oscar, esprime indignazione per ciò che definiscono “l’inutità internazionale e il razzismo mostrato dall’industria dell’intrattenimento occidentale verso il nostro popolo, anche nei momenti più difficili”.
Il contesto attuale e il trauma prolungato
La lettera rappresenta la prima iniziativa collaborativa dei cineasti palestinesi dopo i tragici eventi del 7 ottobre, quando il gruppo terrorista Hamas ha ucciso oltre 1.200 israeliani e preso più di 250 ostaggi. Le successive ritorsioni israeliane hanno causato oltre 40.000 morti palestinesi (secondo le autorità sanitarie palestinesi) e una grave crisi umanitaria nel territorio.
Un riconoscimento alla resistenza
Nonostante le aspre critiche a Hollywood, i firmatari ringraziano l’Accademia Nazionale di Arti e Scienze della Televisione per aver “resistito alla pressione e insistito sulla libertà di espressione” rifiutando di squalificare un documentario focalizzato su Gaza dalle nomination agli Emmy 2024.
Il documentario, intitolato “It’s Bisan From Gaza and I’m Still Alive”, del giornalista, attivista e regista Bisan Owda, narra la vicenda della sua famiglia in fuga dai bombardamenti israeliani. È stato nominato agli Emmy per la categoria Outstanding Hard News Feature Story: Short Form. Tuttavia, un gruppo pro-Israele con sede negli Stati Uniti aveva richiesto la revoca della nomination, accusando Owda di legami con il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (PFLP).
Una risposta ferma
Il presidente di NATAS, Adam Sharp, ha dichiarato che la nomination di Owda non sarebbe stata ritrattata, affermando che l’organizzazione non aveva trovato prove valide per corroborare le accuse di legami di Owda con il PFLP.
Appello agli artisti internazionali
I registi palestinesi dichiarano nella lettera: “Apprezziamo e ringraziamo la National Academy of Television Arts and Sciences per aver sostenuto la libertà di espressione confermando la nomination agli Emmy per il documentario di Bisan Owda, “It’s Bisan From Gaza and I’m Still Alive””.
La lettera descrive l’opera come narrata da una giovane giornalista palestinese di 25 anni, che ha rischiato la vita per condividere con il mondo la resilienza, la resistenza e la sopravvivenza delle famiglie palestinesi di fronte alla “genocidio trasmesso in diretta” nella Striscia di Gaza.
Difendere il potere delle immagini
In questa toccante lettera, i registi sottolineano come per troppo tempo siano stati esposti alla disumanizzazione e al razzismo nell’industria dell’intrattenimento occidentale. “Con i nostri film, abbiamo cercato di presentare delle narrazioni alternative che rovescino gli stereotipi disumanizzanti”, affermano.
L’obiettivo è chiaro: smettere di indossare i “guantoni” per difendere l’arte contro la censura spietata che li colpisce sulla base dell’identità anziché della creatività.
Un cambio di rotta necessario
Accogliere la candidatura del film di Bisan Owda agli Emmy è visto dai cineasti come segnale positivo di un cambiamento etico nella rappresentazione dei palestinesi sugli schermi internazionali, un cambiamento che deve proseguire rompendo il ciclo di propaganda razzista contro i palestinesi.
Appello agli artisti e ai produttori
I firmatari concludono con un appello rivolto agli operatori dell’industria cinematografica mondiale, chiedendo di opporsi alla genocidio e alla censura e di resistere alla collaborazione con aziende di produzione complice nella disumanizzazione dei palestinesi e nella giustificazione dei crimini contro di loro.
Questa iniziativa non rappresenta solo una denuncia, ma un invito alla riflessione e alla responsabilità morale di tutti gli artisti e creativi che sognano un mondo più giusto.
Firmatari illustri
Alcuni dei firmatari includono Michel Khleifi, Mai Masri, Hany Abu Assad, Najwa Najjar, Elia Suleiman, Rashid Masharawi, Farah Nabulsi, Mohammad Bakri, Maha Haj e molti altri. Una lista completa dei nomi è disponibile nella lettera originale.
Risorse utili:
Ogni cittadino del mondo dell’intrattenimento è chiamato a riflettere sul potere delle immagini e sul loro ruolo nel plasmare la percezione e la realtà.