La nuova era nella filmografia rumena
L’intrigo storico: “L’anno nuovo che non arrivò”
Al Festival del Cinema di Venezia, ha debuttato un’opera che ci riporta indietro nel tempo, precisamente agli ultimi anni del regime di Nicolae Ceaușescu in Romania. “L’anno nuovo che non arrivò” ci offre un esclusivo sguardo su un periodo di forte tensione e cambiamento attraverso le vie intricate della narrazione cinematografica.
La sottile ironia di Babbo Natale
Il regista Bogdan Mureşanu ci trasporta in un dicembre del 1989 in cui nessuno può essere davvero attendibile, neppure Babbo Natale. “Dopotutto, potrebbe collaborare con la Securitate [la polizia segreta]!” scherza Mureşanu, gettando un occhio critico sul controllo opprimente che imperava in Romania in quei giorni.
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Una sinfonia di vite intrecciate
Il film segue multipli protagonisti sull’orlo di un crollo nervoso, mentre prendono decisioni che gli cambieranno la vita in un contesto storico difficile. Da un’aspirante attrice impegnata in uno speciale televisivo propagandistico, a due ragazzi pronti a fuggire, fino a una donna la cui esistenza sta per crollare completamente, e un ragazzino che scrivendo a Babbo Natale ha menzionato che suo padre desidererebbe vedere “zio Nic” morto.
“Volevo che questo film avesse la struttura di una sinfonia, per dare un quadro completo della società di quell’epoca,” afferma Mureşanu, spiegando come, pur avendo chiaro l’inizio e la fine del film, abbia deciso di giocare con il racconto nel mezzo.
L’influenza del contesto storico
È interessante notare come Mureşanu rifletta sulla memoria collettiva limitata dei romeni riguardo al regime di Ceaușescu. “La gente tende a dimenticare. Ricordano solo che erano giovani all’epoca e probabilmente non era ‘così male’. Ma questo film deve funzionare come un promemoria di quanto fosse realmente brutto,” sottolinea.
Assurdo e umorismo nero come marchio rumeno
Una delle caratteristiche distintive del film è l’influenza del tradizionale umorismo rumeno, che Mureşanu descrive come “assurdo e nero”. Questo elemento si ricollega alla tradizione teatrale di Ionesco, offrendo uno strumento di sopravvivenza alle avversità storiche attraverso il ridicolo.
“La nostra ‘firma’ rumena è proprio questo umorismo assurdo e nero. Può essere il nostro modo di affrontare l’imprevisto, anche a livello storico, prendendo in giro tutto.”
Un messaggio oltre il tempo
Il film affronta il momento di svolta politica in Romania con una struttura musicale ispirata al bolero, culminante in un finale esplosivo. Ma i temi trattati non sono confinati al passato: Mureşanu avverte delle insidie di uno stato totalitario, dove il confine tra pubblico e privato si annulla, controllando tutto, inclusi i corpi delle donne.
“Le persone dovrebbero essere più consapevoli dei pericoli di uno stato totalitario. Non c’è distinzione tra pubblico e privato. Controlla tutto.”
In un’era di social media, dove prevale la logica del ’mi piace’ o ‘non mi piace’, la sua analisi vale anche per la società contemporanea.
Iniziative coraggiose nel cinema europeo
Mureşanu esprime critiche nei confronti del cinema europeo, spesso finanziato dagli stati, nota come i registi emergenti abbiano timore di raccontare la verità sui loro paesi per paura di non ricevere finanziamenti. Propone un cambio di rotta, invitando a prendere maggiori rischi artistici e narrativi.
“C’è bisogno di registi indipendenti. Il cinema europeo è fondato dagli stati, e molti registi temono di raccontare la verità sul loro paese. Dobbiamo osare di più.”
Guardando al futuro
Con “L’anno nuovo che non arrivò”, Mureşanu ha deciso di fare un salto oltre i limiti della maggior parte dei drammi rumeni. Prodotto da Kinotopia e All Inclusive Films, è distribuito da Cercamon.
Nonostante le sfide incontrate durante la realizzazione del film, Mureşanu guarda già al futuro. “La prossima volta mi piacerebbe centrare un film su una tazza di caffè e due persone che parlano,” dice con un sorriso.
Un film come responsabilità morale
Alla fine, Mureşanu ci lascia con un pensiero profondo: “Un film costa quanto un piccolo ospedale, perciò è tuo dovere morale dire qualcosa di importante con esso.”
Questa riflessione riecheggia la responsabilità artistica di utilizzare il cinema non solo come mezzo di intrattenimento, ma anche come strumento di consapevolezza e riflessione sociale.
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